Perché non al Sud? E perché no donna?
La storia di una startup tutta al femminile nata e cresciuta in Sicilia
Sono siciliana, sono testarda, e così a Palermo faccio innovazione al femminile
di Paola Di Rosa* per Chefuturo.it
All’indomani del rapporto Svimez (pubblicato nel Luglio 2015, ndr), CheFuturo! ha lanciato una campagna editoriale per dimostrare che al Sud, gli innovatori avrebbero potuto davvero fermare il declino! Io ci credo fermamente e lavoro insieme agli altri per raggiungere questo obiettivo.
Sono sempre stata testarda (da buona siciliana), critica rispetto a ciò che gli altri affermavano si dovesse fare per lavorare, avere successo o semplicemente mantenere un quieto vivere. Avevo ed ho una personalissima visione di come debbono andare le cose, anche in Sicilia. E’ per questa ragione che - nonostante i consigli di chi mi diceva che per esprimere al meglio il mio potenziale, mettere a frutto le mie capacità sarei dovuta "emigrare" - al termine dei miei studi ho deciso di restare al Sud.
E’ ancora forte il fastidio per le parole di una generazione rassegnata che - incapace di proporre soluzioni, offrire nuovi paradigmi culturali - si limita a raccontare di una terra "senza futuro per i suoi giovani" "una terra che rifiuta i suoi talenti". E’ questo il refrain di quella generazione: "qui mancano le imprese e non esiste una cultura economica".
Ma come ho già detto sono una testarda e non accetto di buon grado di fare quello che non ritengo giusto o di prendere per verità assoluta ciò che non ha ragione logica.
Perché sono i giovani siciliani a doversene andare? Perché al Sud, nel meridione, non può diffondersi una cultura d’impresa? E’ forse una questione antropologica? Eppure ci sono molti siciliani in giro per il mondo che dirigono grandi aziende. Perché i siciliani che vanno a Milano o a Londra sanno fare impresa!?
Non accettavo e, non accetto, l’idea dell’ineluttabilità. Non mi appartiene la visione pessimistica di Verga (siciliano pure lui) di un destino impietoso che condanna gli uomini ad una condizione di immobilismo nell’ambiente sociale ed economico in cui si trovano per nascita.
Preferisco pensare come Vico che ogni uomo è artefice del proprio destino e l’unica verità che può essere conosciuta consiste nei risultati dell’azione creatrice, della produzione.
Più semplicemente, penso che ad un certo momento bisogna scegliere tra ciò che è facile e ciò che è giusto fare (questa l’ho presa in prestito da un film di Harry Potter).
Ecco, a me è sembrato giusto restare qui; realizzare in Sicilia quello che mi sarebbe piaciuto fare di più e che avrei fatto in qualunque altra parte del mondo.
Da dove ho cominciato?! Ho iniziato a domandarmi cosa avesse permesso alle mie amiche - sparse un po’ in tutt’Italia e con cui avevo condiviso sogni ed ambizioni - a realizzare le nostre aspirazioni. L’ho chiesto ad Olga, una mia amica calabrese che rimasta a Roma lavora per una società di consulenza ed è docente in un master alla Sapienza; l’ho chiesto a Viviana, una mia amica romana che dopo il master fatto insieme è andata a New York e adesso lavora nell’ufficio IP di una multinazionale italiana che realizza occhiali per i maggiori brand.
La risposta per entrambe è stata: "Ovvio! Qui è più semplice."
ph. Vincenzo Russo
Ma cosa rende lavorare a Roma più semplice che a Palermo; e lavorare a New York ancora più semplice che lavorare a Roma?! Sembra un gioco di parole ma in realtà è proprio questo il cuore della questione.
"Non importa in quale città ti trovi... ce ne sarà sempre un’altra più Smart and Friendly di quella in cui lavori". Prendiamo il caso delle startup. Pensiamo alle classifiche, alle comparazioni tra gli ecosistemi innovativi metropolitani! Dov’è che è meglio lanciare la propria? Londra, Berlino, Stoccolma, New York o Tel Aviv?! Dobbiamo davvero emigrare tutti, in massa, in questa o quell’altra città per evitare di andare incontro ad un fallimento assicurato?!
Questa volta la risposta me la sono data da sola: E’ Ovvio che no! Non occorre andare dove è più semplice. Occorre portare ciò che riesce semplice, in quelle città, anche nella propria. Si può (ed è giusto) andare in giro per il mondo, ma è ancora più importante e giusto portare un po’ di mondo a casa tua!
Ed è quello che sto provando a fare insieme ad Eleonora Rocca, la mia socia. Potrebbe sembrare difficile, perché la Sicilia è un isola con i collegamenti aeri tra i più cari d’Italia, una linea ferroviaria vecchia di oltre trent’anni, autostrade e ponti che si sbriciolano al passaggio delle auto. Invece è stato semplice.
Non sono una nativa digitale, ma ho subito pensato che avevo a mia disposizione un’infrastruttura leggera, veloce, che mi collegava già con il mondo: la rete.
E così ho cominciato ad usare internet e gli strumenti digitali non solo per le speculazioni filosofiche da caffè tra amiche con Olga e Viviana, ma anche per fare a Palermo quello che mi piaceva e che avevo iniziato a fare in giro per l’Italia per conto di una fondazione di business angels: lo scouting ed il mentoring per gli aspiranti startupper.
E’ stato grazie ai social media che ho incontrato Eleonora, anche lei come le mie amiche una "rifugiata economica". Anche questa volta Roma, la sua città di origine, poi trasferita a Milano dove ha vissuto per cinque anni, e infine a Londra, dove vive e lavora ormai da quasi tre anni. Cercavo in rete - su un gruppo facebook a cui mi aveva iscritta un’altra amica (una geekgirl incallita) - una social media manager per un progetto che faticavo a realizzare. Potrà sembrare strano ma non riuscivo a trovare un co-founder tra i contatti "locali".
Il bello di Eleonora è l’entusiasmo, lo stesso che provo io ogni volta che comincio una nuova avventura. E così quando le ho raccontato dei miei progetti, di quello che avrei voluto fare, lei ha subito esclamato "Wow, che bello" ed abbiamo cominciato ad immaginare insieme come avremmo potuto realizzarlo. Era ovvio che fosse lei la partner di cui avevo bisogno e che avevo sempre cercato.
«Sono felice di vivere a Londra, e molto probabilmente non la lascerò mai - mi ha detto Eleonora - ma voglio anche fare qualcosa per il nostro Paese nel quale credo nonostante tutto.. e poi c’è anche una ragione personale, mio padre, purtroppo venuto a mancare tanti anni fa, era siciliano, anche lui "emigrato" a Roma».
Anche lei, dopo aver lavorato come marketing manager e product manager per importanti multinazionali ha deciso, come me, di impegnarsi anche in un progetto di innovazione stimolante e creativo e da quasi due anni lavora tra Milano e Londra come consulente marketing e social media per le startup.
Cos’è e perché nasce AtFactory - Insieme abbiamo fondato l’AtFactory, un acceleratore digitale in crowdsourcing che facilita il matching tra chi vuol diventare uno startupper nel meridione e l’ecosistema innovativo, nazionale ed internazionale. Abbiamo iniziato coinvolgendo alcuni partner strategici con importanti programmi di accelerazione (come Make a Cube e Microsoft Italia, siamo tra i Network Partners di Bitzspark) ed alcuni club di Business Angels.
Abbiamo un programma di supporto per gli innovatori nella fase pre-seed, quella più critica e delicata, a cui presto affiancheremo una piattaforma di crowdfunfing per il raggiungimento di un pre-seed investiment per consentire agli innovatori di AtFactory di raccogliere le risorse finanziarie necessarie per sostenere le spese per ricerche o studi di fattibilità o per partecipare ai contest nazionali ed europei, nel caso in cui mancasse il sostegno dei Friends and Foolish.
Lavorando con gli innovatori e le startup ti accorgi subito che il market failure per loro è rappresentato proprio dalla difficoltà di trovare risorse per lavorare al progetto e raggiungere il Minimun Valuable Product da presentare a possibili investitori privati. I business plan e i piani di marketing sono anch’essi spesso un ostacolo e necessitano di una guida. Non tutti gli imprenditori sono o sono stati commerciali o marketeers, quindi riuscire a supportarli anche in quella fase è cruciale. Un’offerta completa quindi la nostra, di supporto all’innovazione sotto tutti i punti di vista: accompagniamo gli aspiranti startuppers in tutte le fasi di sviluppo della propria idea.
Ci rendiamo perfettamente conto che è una sfida ambiziosa; che molto bisogna fare in tema di animazione territoriale e che in questo a volte (lo dico con ironia tutta siciliana) manca il supporto delle istituzioni a questo preposte. Ma, come detto, confidiamo nel nuovo modello di sviluppo socio-economico, nella #crowdeconomy!
E così, attingendo dal network che ciascuna di noi si è costruita nel tempo, abbiamo deciso di iniziare da sole mettendo in cantiere una serie di appuntamenti ed attività, cominciando da Palermo.
Quali? Il Lean Startup Machine per esempio!
Quando a giugno Eleonora ha organizzato il Workshop a Milano le ho chiesto: "ma perché non lo facciamo anche qui?". Così ad agosto abbiamo avviato la campagna di comunicazione per "sbloccare" la città e in appena tre settimane abbiamo quasi completamente raggiunto il target che il Lean ha indicato per l’unlock della città! Il workshop sarà a Gennaio. La logica è quella far entrare Palermo e la sua community nel circuito dei maggiori ecosistemi innovativi metropolitani.
[...] Cosa spero accadrà tra cinque anni? Mi piacerebbe, accendendo una mattina la radio (è una tradizione di famiglia), ascoltare una diversa narrazione del Sud. Personalmente spero, invece, di poter continuare a dire "... giro, mi muovo, faccio cose, vedo gente". Lavorare con i giovani e parlare di innovazione mi piace molto, è quello che ho sempre voluto fare (anche quando non lo sapevo ancora) ed è il mio personale modo di vivere la contemporaneità.
* Paola Di Rosa è business innovation consultant, mentor SVP Foundation e founder di AtFactory.
Twitter: @DirosaPaola