Sul Museo Guttuso di Bagheria
Dopo la riapertura del museo di Villa Cattolica, pubblichiamo il prezioso contributo di Piero Montana
Dopo la riapertura del Museo Guttuso, sito nella settecentesca Villa Cattolica di Bagheria, pubblichiamo, con nostro grande piacere, il contributo del Dottor Piero Montana, critico d’arte, gallerista, poeta e artista bagherese.
REALISMO GUTTUSIANO E SPERIMENTAZIONE AVANGUARDISTA A CONFRONTO
Dopo la riapertura del Museo Guttuso, ora che la febbre politica dell’orgia del Potere sembra essere un po’ scemata, troviamo il tempo e lo spazio per aprire qui un discorso esclusivamente artistico-culturale sull’importante avvenimento. È doveroso dire anzitutto che la nostra valutazione critica sul patrimonio artistico di villa Cattolica è molto positiva. La collezione di opere d’arte, a partire dal nucleo essenziale dei quadri del Maestro bagherese e dei suoi amici pittori, risulta ulteriormente incrementata da lasciti, donazioni e qualche acquisizione. Questo nucleo originario, comprendente, se non ci sbagliamo, un centinaio di opere tra quelle di Guttuso e dei pittori vicini al Maestro, è stato oggi integrato con opere di artisti bagheresi e del comprensorio. Ne risulta così un’operazione intelligente e ben riuscita grazie soprattutto all’interesse e al lavoro dell’ex direttrice Dora Favatella Lo Cascio. L’intuizione geniale della Lo Cascio consiste nell’avere approfondito l’interesse di Guttuso per la materia delle cose, la sostanza visibile, in parole povere per la terra, da cui sono estratti i colori, e in particolare per la terra siciliana in cui affondano le radici di un’arte che, attraverso la linfa vitale estratta, germoglia e dà nuovi frutti.
Per questi motivi i visitatori di villa Cattolica non devono stupirsi se accanto alle opere figurative di Guttuso, spesso realizzate con tensione e forza espressiva, trovano opere astratte e d’avanguardia. La terra, il realismo guttusiano non possono precludere esiti estremi, l’attenzione al mondo di oggi, la ricerca, la sperimentazione continua, incessante dell’arte contemporanea. Bisogna pertanto essere di larghe vedute per apprezzare interamente un patrimonio artistico, come quello del nostro museo, che comprende opere di pittura d’impianto ottocentesco, ci riferiamo alle tele di Onofrio Tomaselli, fino ad arrivare alle opere astratte o di sperimentazione avanguardista come quelle di Giovanni Castiglia, Girolamo Balistreri, Lillo Rizzo, Mario Liga, Giovanni e Alfonso Leto, Carlo Lauricella.
Ma andiamo per ordine. Il percorso museografico non è stato realizzato per date. Le stesse opere di Guttuso stanno spesso accanto a quelle dei suoi amici pittori. Comunque non è difficile ricostruire un percorso temporale che partendo dai ritratti di Onofrio Tomaselli, si snoda via via attraverso l’esposizione delle tele di Domenico Quattrociocchi, raffiguranti paesaggi rurali con mucche, ponti ed abbeveratoi della campagna romana, realizzati, nella maggior parte, negli anni ’30 ma rivolti nostalgicamente ad una pittura del passato. Con Pina Calì però siamo ad una svolta, ad una rottura con l’Ottocento, ma la sua arte risente del forte richiamo di un ritorno all’ordine, al classicismo, che furono propri della scuola del Novecento. Bellissimo il suo quadro "Ragazzi seduti" del 1934, superiore, a nostro giudizio, alla tela di Topazia Alliata intitolata "Arsura. Donna alla fonte" (1931). Sempre rispettosa del canone d’arte propagandato dalla scuola del Novecento è la scultura assai pregevole di Silvestre Cuffaro "Bambino dormiente" (1938.) Ma già l’opera di Lia Pasqualino Noto "Figure al mare" (1936) è animata da un vento nuovo che rompe l’equilibrio classicheggiante e porta a nuovi esiti il linguaggio figurativo, che si fa più morbido, ondeggiante. Lia Pasqualina Noto per chi non lo sapesse fu amica di Guttuso e con il Maestro bagherese fondò a Palermo nel 1932 il Gruppo dei Quattro (Lia Pasqualino Noto, Nino Franchina, Giovanni Barbera, Guttuso). Anche se Guttuso viene considerato un allievo di Pippo Rizzo, pittore palermitano futurista che però a partire dal 1930 si avvicinò alle tematiche novecentiste, la pittura del maestro bagherese assume nel tempo una sua originalità nell’espressione di un realismo in forte contrasto con le scuole accademiche del tempo. A questa originalità Guttuso perviene gradualmente, com’è testimoniato dalle sue prime esperienze giovanili che risentono soprattutto del clima culturale del tempo, dell’ideologia fascista, a cui per fortuna riesce a sottrarsi per giungere ad esiti nuovi, personali.
Oggi purtroppo tutto quel che è firmato da Guttuso viene considerato importante. Bisogna apprezzare meglio l’arte del Maestro inserendo quest’ultima soprattutto nell’ambito di una cultura europea, di cui Picasso, l’Espressionismo tedesco costituirono in parte l’anima. Per questo motivo in quest’articolo parleremo solo delle opere di Guttuso che più ci piacciono tra tutte quelle esposte nel museo bagherese, pur consapevoli del rischio di risultare troppo parziali e riduttivi. Cominciamo con parlare del drammatico dipinto del 1958 dal titolo "Patriota fucilato", dove dolore e sangue sono impastati con i pennelli nella rappresentazione di una esecuzione. Proseguiamo con il citare poi il "Ritratto di Dario Durbé" (1957), dai tratti decisamente marcati ed espressivi. Del 1959 è il dipinto "Fichidindia", raffigurazione di un groviglio di pale e di spine, simboli di una terra martoriata da mali atavici, la Sicilia. L’"Autoritratto con Mimise" (1966) si può considerare un autentico capolavoro realizzato con qualche pennellata selvaggia, fauve di colore verde dipinta sul volto dell’artista bagherese in una impaginazione figurativa che è una creazione originale di Guttuso. Sempre del 1966 è il grande ritratto di Gioacchino Guttuso agrimensore, omaggio alla memoria del padre visto con i suoi strumenti di lavoro in una raffigurazione lucida e serena.
ph. Igor Petyx
"Donne, stanze, paesaggi, oggetti" (1966, m 4,93x1,93) è invece un’opera pittorica monumentale su donne, oggetto del desiderio, viste nella loro intimità. Nella stessa stanza è esposta la bellissima opera pop dell’inglese Allen Jones rappresentante una figura femminile rassomigliante a un grande giocattolo. Per concludere con Guttuso citiamo qui l’opera incompiuta, realizzata nel 1986 prima di morire dal titolo "Nella stanza donne che vanno e vengono", espressione fino all’ultimo respiro di un vitalismo esistenziale.
Per quanto riguarda la sperimentazione e l’avanguardia italiana citiamo solo un pregevole seppur piccolo dipinto di Carla Accardi del 1950 dal titolo "L’isola", esempio di quell’astrattismo del segno proprio del Gruppo Forma 1 e una più piccola ma pregevole opera di Corrado Cagli del 1958 "Frottage", somigliante ad una increspatura cartacea. Da non perdere di vista dipinti quali "Ritratto di Guttuso" (1942) di Carlo Levi scrittore e rinomato pittore, "Mulino a vento e fichidindia" (1950) di Francesco Trombadori, "Capanne a Fiumara di Ostia" (1960) di Giovanni Omiccioli ed una lirica figura femminile di Ernesto Treccani, tutte opere figurative contrassegnate da un’ispirazione poetica ed una resa pittorica formalmente tendente al purismo. Da non dimenticare le opere surreali di Sergio Vacchi, di cui citiamo qui "I mostri di villa Palagonia". Della Nuova Scuola Romana (1960) sono in esposizione tele sia pur non molto significative ed importanti di Franco Angeli, Tano Festa, Mario Schifano.
Parlando degli artisti bagheresi e del comprensorio una enorme impressione ci hanno fatto le opere del compianto Mario Liga, qui rappresentato da oli stupendi dove il colore estratto dalle terre è pura materia che con esse si mescola, si confonde. Bellissimi anche i "Pesci" di Giusto Sucato, recentemente scomparso, realizzati in legno, latta e materiali vari. Di Gim Balistreri ci è piaciuto molto il dipinto "Attila" che sembra esprimere una forza selvaggia, incontrollata. Carlo Lauricella artista palermitano è qui rappresentato al meglio con due installazioni "Sequenza liberatoria" del 1984, dove la pittura viene coniugata alla scultura e Tridimensionale con frammenti in sospensione in cui l’artista sembra far esplodere la materia rappresentandola anche in un volo di frammenti "atomici", "molecolari" sospesi per aria. Di Filly Cusenza ci convince solo "Donna che scappa", installazione visionaria ed esempio assai significativo della sua arte del tessuto. Juan Esperanza, artista di origine sudamericana ma che vive a Sutera da molti anni, fatto conoscere al pubblico bagherese da Ezio Pagano, è presente al Museo Guttuso con "Paesaggio marino", un’opera tridimensionale inquietante e primitiva. Di Giovanni Leto abbiamo apprezzato due opere appartenenti a due diversi momenti della sua sperimentazione artistica, un "Orizzonte nero" realizzato con carta di giornali accartocciati ed incollati su tela, risalente agli anni ’80 e il dipinto "Essenza" del 2002 dove persistono solo tracce di accumuli cartacei. Giovanni Castiglia e Lillo Rizzo, quest’ultimo morto precocemente a soli 63 anni, pittori rispettivamente di Casteldaccia e Bagheria sono rappresentati da opere astratte dove il gusto del neo informale e di una ricerca poetica dell’invisibile costituiscono rispettivamente il leitmotiv. In questo contesto di opere di artisti bagheresi, vanno inserite le due tele di Salvatore Provino, appartenenti a due diversi momenti della sua produzione pittorica, la prima ancora legata ad una figurazione che risente dell’influenza di Francis Bacon, la seconda che approda alla maturità dell’artista nell’espressione di un astrattismo personale ed assai seducente.
ph. Igor Petyx
Per quanto riguarda l’esposizione notevole di opere grafiche ci piace qui ricordare solo, al di là dei disegni di Guttuso, due eccezionali realizzazioni eseguite da Ugo Attardi nel 1963 "Con poca luce", dove eros e tensione espressiva costituiscono gli elementi fondamentali, e da Nicolò D’Alessandro, "Don Chisciotte da Gustav Doré" (1998), in cui il segno arzigogolato viene amplificato in una fantasiosa e barocca figurazione.
I visitatori del Museo Guttuso non mancheranno certamente di apprezzare altre importanti opere d’arte che noi per mancanza di spazio non abbiamo potuto menzionare.
Piero Montana