Alla scoperta del borgo arbëreshe immerso nelle Serre della Pizzuta
Hora e Arbëreshëvet, Piana degli Albanesi: uno scrigno di preziosa cultura bizantina, greca e barocca
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Delimitata da alte montagne e da una ricca cornice di verde, Hora e Arbëreshëvet, Piana degli Albanesi si specchia nelle acque cristalline di uno splendido lago artificiale.
I monti che la circondano formano una sorta di corona che inizia con la Pizzuta, imponente è ricco di fauna e vegetazione, continua con il monte Kumeta, custode di numerosi fossili e di una vegetazione di muschi e licheni, con il Maganoce, la cui particolare sagoma a dorso d'elefante è sormontata da un fitto bosco, e si chiude con lo Xeravulli, ubicato accanto alla Pizzuta, in direzione nord-est. Il fiume Gjoni, attraversa lo Xeravulli e scorre poi sotto il paese per sfociare nel lago.
Dal punto di vista paesaggistico il bacino ha un'attrattiva notevole tanto da essere meta costante di numerosi turisti e sportivi che accorrono annualmente per partecipare a gare di canoa e canottaggio, mentre diverse società sportive vi svolgono le loro attività invernali di preparazione.
Vi sono inoltre, percorsi per passeggiate a cavallo, in bicicletta e jogging. Gli appassionati di trekking possono fare escursioni all'aria aperta nella riserva naturale della Pizzuta, in località Argomezit e visitare le numerose masserie immerse nella campagna, o qualche ristorantino dove gustare i prodotti locali come il rinomato pane, l'olio d'oliva, la ricotta e i formaggi, le carni prodotte in allevamenti locali e il famoso cannolo ripieno di ricotta condita.
Il patrimonio artistico di Piana degli Albanesi è fortemente legato alla cultura barocca, la cui esistenza si è protratta sino agli inizi del '900 e a quella Bizantina, esistita sempre a livello latente, con brevi periodi di piena espressione.
In alcuni periodi i due stili si sono sovrapposti ma, tra la fine del '500 e la prima metà del '600, sotto l'influenza della forte personalità artistica di Pietro Novelli, la città fu arricchita da chiese, fontane e palazzi che hanno dato la forma attuale al centro storico.
Successivamente non ci sono state grandi trasformazioni sino al secondo dopoguerra quando, insieme ad una serie di scelte urbanistiche che purtroppo hanno causato danni irreparabili, si è diffuso un crescente interesse verso l'arte bizantina e le sue icone.
Pillole di storia - Fondata nel 1488 col nome di Hora da un gruppo di esuli albanesi, in fuga dalla patria in seguito all'avanzata turca, Piana degli Albanesi ottenne presto dal sovrano di Spagna, Giovanni II, il permesso di conservare il proprio culto greco, insieme alla lingua, ai costumi e alle tradizioni.
La chiesa di Piana, cristiana e cattolica, si distingue per il rito greco-bizantino e nelle celebrazioni liturgiche vengono utilizzate sia la lingua greca che albanese, mentre il rito, ricco di simbolismi, deriva dalle sacre liturgie scritte dai padri della chiesa greca San Basilio e San Giovanni Crisostomo.
I caratteristici tradizionali costumi femminili, riccamente ricamati, che un tempo venivano indossati regolarmente, oggi si usano solo in occasioni particolari come matrimoni e battesimi e in alcune solennità dell'anno liturgico bizantino, come l'Epifania e la Pasqua.
Inizialmente la zona fu chiamata Piana dei Greci, soltanto nel 1941, durante il periodo fascista Mussolini trasformò il nome in Piana degli Albanesi come del resto l'avevano sempre chiamata i suoi abitanti 'Hora e Arbëreshëvetil'.
Gli Arbëreshë di Piana hanno attivamente partecipato alle vicende storiche regionali e nazionali, dal Risorgimento ai Fasci dei Lavoratori (1892-1894). Importanza di rilievo storico e politico nazionale ha Portella della Ginestra, il luogo in cui, il 1° maggio del 1947, la banda di Salvatore Giuliano eseguì l'omonima strage. A perenne ricordo vi è stato realizzato nel 1979, un importante monumento di land art opera di Ettore De Concilis. [www.pianalbanesi.it]
Le tappe del nostro itinerario
Chiesa di San Nicola di Mira
ph. di Gspata - Opera propria, CC BY-SA 4.0
Il patrimonio iconografico della Diocesi di Piana degli Albanesi è uno dei tesori dell'arte che hanno arricchito la Sicilia fin dagli inizi del secolo XVII. Le opere che si possono ammirare nelle chiese di Piana, non sono tutte di produzione locale, molte sono state traslate dalla chiesa di San Nicola di Palermo, in seguito ai bombardamenti della seconda guerra mondiale.
La maggior parte di queste opere molto probabilmente è stata prodotta nel monastero di Mezzojuso dallo ieromonaco (monaco sacro che nella chiesa ortodossa assume in i titoli di monaco e prete) Joannikios o da altri iconografi di Piana come il Maestro dei Ravdà, il Maestro di Sant'Andrea e il Maestro della Deesis, che probabilmente era un iconografo cretese le cui opere sono state importate a Palermo e, da lì, a Piana.
Le icone del 1600 e 1700, trasferite da Palermo, sono ospitate in buona parte, dal 1957, nella chiesa di San Nicola di Mira, eretta alla fine del XVI secolo sul luogo dove già esisteva un'antica chiesetta dedicata allo stesso santo.
Chiesa della Madonna Odigitria urbana
Ai piedi del monte Pizzuta, poco distante dal centro abitato sorge invece, la chiesa rurale della SS. Madonna dell'Odigitria, del 1488, costruita come vuole la leggenda in onore dell'immagine della Vergine che i profughi albanesi si erano portati appresso dall'Albania e che avrebbe indicato loro il luogo nel quale dovevano insediarsi.
I profughi stanchi del cammino, posarono quella sacra immagine su una pietra per riposarsi, ma quando si accinsero a rimuoverla si accorsero che essa aveva lasciato sul masso la sua impronta. La chiesa della Madonna Odigitria urbana (del 1607) invece, è l'unica testimonianza di Pietro Novelli architetto a Piana.
A tre navate divise da quattro pilastri che sostengono la grande cupola ottagonale con lanternino, conserva la statua in legno della Vergine Odigitria, del 1600. Incassato nella statua il quadro della Vergine che la tradizione vuole sia stata portata dai profughi albanesi. Nelle navate laterali si trovano quattro altari di stile barocco a marmi policromi dedicati a San Pantaleo, Santa Rosalia, Sant'Antonio e infine l'altare dedicato alle anime del Purgatorio.
Chiesa di San Giorgio Megalomartire
La chiesa più antica del centro urbano è quella di San Giorgio Megalomartire, edificata nel 1495 e più volte ristrutturata. All'edificio si accede mediante una scalinata. E' ad unica navata, coperta da volta a botte i cui affreschi, del 1759, raffigurano San Giorgio.
Ai lati della porta principale due grandi tele raffigurano la Crocifissione, di stampo neoclassico e San Filippo Neri in preghiera. Sulla parete destra si notano un mosaico raffigurante San Giovanni il Precursore realizzato nel 1983 da Tanina Cuccia, mentre sopra la porta secondaria un dipinto ad olio con San Giorgio in prigione, del XVII secolo, è attribuibile a G.P. Novelli.
Cattedrale di San Demetrio Megalomartire
ph. pianadeglialbanesi.altervista.org
Splendida la maestosa cattedrale di San Demetrio Megalomartire (del 1498), con l'abside rivolto ad oriente secondo i canoni dell'architettura sacra bizantina. La chiesa fu ampliata e ristrutturata successivamente da D'Allegro di Monreale che cambiò l'asse dell'edificio e le absidi da est vennero rivolte ad ovest. Lavori secondari di completamento furono attuati nella prima metà del '600. In questa occasione l'abside centrale e parte dell'abside destra furono affrescate dal Novelli.
Basilica del Santissimo Salvatore alla Skliza
Altre Chiese da vedere sono la chiesa di San Vito (sec. XVI), ricca di fregi, di altari intarsiati in marmi policromi, quella della SS. Annunziata, eretta intorno al 1624-25, la chiesa della Madonna del Rosario del sec. XVI e la chiesa di Sant'Antonio il Grande, costruita nel 1562, che è l'unica che ha mantenuto l'altare ad oriente così come è in uso nell'architettura bizantina. Situata alla sommità dell'omonima collinetta la Basilica del Santissimo Salvatore alla Skliza: edificata nella prima metà degli anni '50, è inserita in un complesso edilizio-monumentale gestito dai monaci basiliani italo-albanesi di rito bizantino.