Lungo l'Antica Trasversale Sicula
Da una punta all’altra della Sicilia... trasversalmente, si va sulle orme degli antichi eroi
Dove
Da una punta all’altra della Sicilia, trasversalmente... Attraversare a piedi l’isola e godere delle sue tante meraviglie, fermandosi per riposare in tenda oppure accettando l'ospitalità di ostelli e delle famiglie, per un percorso lungo oltre un mese, tra città e piccoli borghi, tra costa ed entroterra: è questo il cammino lungo l'Antica Trasversale Sicula.
Il primo cammino dell'Antica Trasversale - inserito a pieno titolo tra i "Unpli d'Italia" - è partito il 7 ottobre 2018 da Mozia e si è concluso il 18 novembre: 22 camminatori, italiani e non, hanno percorso i sentieri tra Riserve Naturali Orientate, Parchi, siti archeologici e Comuni.
Il percorso fa tappa in una quarantina di comuni, attraversando le province di Trapani, Palermo, Caltanissetta, Enna, Catania, Ragusa e Siracusa. Ultima tappa Camarina, sito dove è nato il progetto della Traversale.
Nella prima edizione, i camminatori dell’Antica trasversale sicula hanno contribuito - grazie anche al supporto delle associazioni, alle Amministrazioni comunali e alle Pro Loco -, al miglioramento dell'itinerario facendo un lavoro di documentazione dei siti di interesse storico, archeologico e naturalistico e mappando abbeveratoi, punti d’acqua ed edicole votive.
Il progetto dell'Antica trasversale sicula è quello di riportare in auge il cammino creato nel 600 avanti Cristo e camminare sulle orme degli antichi popoli e dei loro valorosi condottieri...
Le tappe dell'Antica Trasversale Sicula
Paceco
Foto di Michiel1972 - Opera propria, CC BY-SA 3.0
Il territorio di Paceco fu abitato già in età paleolitica e neolitica, come testimoniano i reperti archeologici ritrovati nella collina Sciarotta - su cui sorgerà Paceco - e nel vicino sito di Malummèri.
In età moderna, il primo nucleo del villaggio si venne formando nei secoli XIV e XV intorno alla Chiesa di San Lorenzo di Xitta, possesso dell'Ordine di Malta. Passato, col feudo, ai Fardella, marchesi di San Lorenzo, il vecchio villaggio fu abbandonato e, successivamente riedificato dal marchese Placido Fardella, che divenne principe di Paceco. Il nome dato al nuovo paese fu un atto di amore di Placido verso la moglie Maria Pacheco, nipote del Marchese di Villena, Viceré di Sicilia.
A Paceco è possibile visitare le Saline di Nubia, facenti parte della Riserva naturale integrale Saline di Trapani e Paceco gestita dal WWF e il Museo del sale.
Le due frazioni più importanti del comune di Paceco: Nubia, verso il mare, famosa per l'aglio rosso presidio Slow Food, e Dattilo, verso l'entroterra, abitata da circa 600 persone e famosa per i cannoli, conosciuti in tutta la Sicilia e a detta di molti i più buoni del mondo!
Bruca
Foto on-sicily.com
Bruca è una frazione del comune di Buseto Palizzolo. Il borgo conta circa 130 abitanti, e la maggiore vicinanza della frazione ad Alcamo e Castellammare del Golfo fa sì che l'inflessione dialettale sia più simile a quella alcamese e castellammarese che a quella busetana.
Foto wwwvoxhumana.blogspot.com
Il nome "Bruca" sembra derivare dall'erba brucaria che risulta abbondante nella zona. La borgata, infatti, viveva e in parte tuttora vive di agricoltura e pastorizia, ma lo spopolamento e il calo demografico tipico di tutte le piccole frazioni rurali lontane dal comune principale, fa sì che molti servizi siano venuti meno e i pochi abitanti debbano spostarsi nei centri urbani limitrofi più grandi per le necessità quotidiane.
Nel borgo si trova la chiesa di Maria Santissima Immacolata e a pochi chilometri verso nord-ovest il Bosco Scorace.
Terme Segestane
Foto di Davide Mauro - Opera propria, CC BY-SA 4.0
I primi greci che abitarono la Sicilia occidentale collegarono il fenomeno della formazione delle acque calde a un avvenimento mitologico, secondo il quale il calore delle acque del fiume si era sprigionato per volere di una divinità fluviale, Crimiso, per dare modo di riscaldarsi alla ninfa Egesta, in fuga da Troia, che si trovava svenuta sulla riva, e che in seguito divenne sua sposa. Da essi fu procreato Aceste, che fondò la città di Segesta dandole il nome della madre...
Le libere Terme Segestane, dette "Polle del Crimiso", sono costituite da affioramenti di acqua termale di origine vulcanica che sgorga sulle sponde del fiume omonimo. È possibile fare il bagno nelle piccole anse riparate del fiume, dove il flusso di acqua calda, al riparo dalla corrente del fiume, raggiunge temperature molto piacevoli. Tali acque sgorgano infatti alla sorgente alla temperatura di circa 47 gradi.
Molto bello il contesto naturale delle Polle del Crimiso: i bagni liberi sono infatti immersi in un ambiente fatto di canneti e tamerici, ma soprattutto delle suggestive pareti rocciose di travertino bianco striato di rosa che rende particolarmente pittoresco il panorama.
Foto di Davide Mauro - Opera propria, CC BY-SA 4.0
Nei pressi delle terme segestane sorgono due stabilimenti termali: le Terme Gorga (Alcamo) nell'omonima contrada, a circa un chilometro dalla stazione ferroviaria di Alcamo diramazione, e le Terme Segestane (Castellammare del Golfo) che sorge in contrada Ponte Bagni e dove si può godere di trattamenti che prevedono: fanghi, grotte, massaggi, idromassaggi, aerosol, inalazioni ed irrigazioni.
Bosco di Angimbè
Foto memolaproject.eu
Costituito da diversi lembi residui di una ben più vasta sughereta autoctona - che un tempo doveva rivestire superfici straordinariamente ampie -, il Bosco di Angimbè si distende a Nord-Est dell'abitato di Calatafimi-Segesta, in direzione della strada statale 113. La zona è uno dei luoghi più belli e naturalisticamente più importanti dell'intero comprensorio calatafimese.
Ormai rarissime in Sicilia, le foreste sempreverdi, caratteristiche dell'orizzonte mediterraneo, costituiscono un ambiente ricco di fascino non solo per le specie arboree che vi dominano - la Quercia da sughero e il Leccio, su tutte - ma anche per la straordinaria ricchezza di arbusti ed erbacee che compaiono nel sottobosco. Il Bosco di Angimbè, infatti, custodisce buona parte della biodiversità siciliana, dalla flora alla fauna.
Per raggiungere questo eccezionale biotopo, si imbocca la pista in terra battuta che si diparte dalla circonvallazione nord di Calatafimi-Segesta, snodandosi a mezza costa sulle pendici di Monte Tre Croci, aprendo a destra un'ampia veduta sul rigoglioso Monte Bonifato di Alcamo, sull'ampia vallata che degrada verso Gibellina e Camporeale e, di fronte, sulla sughereta di Angimbè.
Segesta
A circa 40 km da Trapani, in territorio di Calatafimi-Segesta, si sviluppa il Parco Archeologico di Segesta, un autentico scrigno a cielo aperto che conserva tesori di inestimabile valore come un dei templi dorici più famosi del mondo per stato di conservazione.
L'antica Segesta sorge in una splendida posizione, tra dolci colline dal colore rosso bruno che contrastano con le varie tonalità di verde del paesaggio circostante. Secondo lo storico Tucidide a fondarla furono gli Elimi, antico popolo che abitava la Sicilia occidentale, che a suo dire, discendevano dai profughi scampati alla guerra di Troia, giunti in questi luoghi guidati dal mitico Enea... [Continua a leggere "Il Parco Archeologico di Segesta"]
Calatafimi Segesta
Foto di Francescodibartolo80 - Opera propria, CC BY-SA 3.0
Situato fra le colline dell'agro segestano, il paese, più conosciuto con l'originario nome di Calatafimi, ha assunto la denominazione attuale soltanto nel 1997. Questo piccolo paese è al centro di un territorio che fu toccato dapprima dal mito, che narra come Eracle, attraversandolo, durante una delle sue fatiche, si sia ristorato presso le Terme Segestane.
Nell'antichità Calatafimi sorgeva alle pendici di una collina dove sorgeva un castello, che cadde in abbandono; tra il VII e l'VIII secolo sui ruderi di tale castello venne edificato un nuovo castello, il Castello Eufemio, chiamato originariamente in latino "Castrum Phimes" (ossia "Castello di Phimes"). La città si sviluppò durante la dominazione araba in Sicilia (827 d.C. - 1061 d.C.), diventando uno dei principali centri musulmani della Sicilia occidentale. In questo periodo la collina nei pressi di Calatafimi fu chiamata in arabo Qal'at Fîmî, che vuol dire rocca di Eufemio, da cui derivò il nome della città.
La città di Calatafimi venne annessa al Regno di Sardegna in seguito alla Spedizione dei Mille, che proprio nel vicino colle di Pianto Romano affrontò, il 15 maggio 1860 in una celebre battaglia le truppe borboniche, la prima delle tante vittorie che porteranno all'unificazione d'Italia. Sul luogo dove avvenne lo scontro venne eretto un grande mausoleo, dove si conservano le spoglie dei caduti. Il mausoleo, conosciuto come sacrario di Pianto Romano, fu progettato dal celebre architetto Ernesto Basile.
Nel 1968 fu colpita dal terremoto che si abbatté nella Valle del Belìce e che causò molte vittime. Questo avvenimento ha portato come conseguenza la nascita di un nuovo popoloso agglomerato di case nella contrada "Sasi" e la divisione fisica fra il vecchio paese (con il Borgo) e quello nuovo.
Vita
Vita è sito alle falde del Monte Baronia, nella zona del Belìce. Nell'antichità la zona era abitata dagli elimi, infatti nelle prossime vicinanze del paese vi è il sito archeologico di Segesta, e non lontano si trova anche Selinunte. Inoltre sul Monte Baronia, sono stati ritrovati i nivieri, una sorta di vasche utilizzati in passato per raccogliere le nevi invernali, allo scopo di avere acqua potabile in periodi di siccità estivi.
La storia del paese però è legata alla personalità di Vito Sicomo (1548-1626), ingegnoso personaggio al servizio del Conte di Modica, laureatosi Otruque Iure (giurisprudenza) all'Università di Salamanca; successivamente al servizio del Regno di Spagna, divenne Consigliere di Filippo III, poi Amministratore di Giustizia e Presidente del Concistorio della Sacra Coscienza Regia, fino ad ottenere dal conte suo primo mecenate, il Feudo di Cartipoli e terre confinanti; investito a Barone di Vita il 15 settembre 1605, ottenne la licenza di popolare la terra di Vita, che egli stesso denominò, e di fondare un nuovo borgo l'11 marzo 1607 (data ufficiale della fondazione del comune di Vita).
Nel 1860 si combatté, nelle vicinanze del paese, la famosa Battaglia di Calatafimi, alla quale alcuni vitesi parteciparono tra le file garibaldine e curarono i feriti presso la Chiesa di San Francesco, in centro paese. La vittoria dei Mille scaturì, oltre un grande fervore di partecipazione e di attivismo in tutti i giovani della provincia, l'avanzamento verso lo scontro di Palermo. Tante famiglie si trasferirono in Spagna a Borgo Vita, all'epoca degli Aragonesi.
Data cruciale della società vitese è quella della notte tra il 14 ed il 15 gennaio 1968, in cui sulla zona si abbatté un tremendo terremoto, che distrusse anche buona parte del paese. Oggigiorno nel centro storico vi sono ancora ampie aree spopolate, occupate soltanto dai ruderi degli edifici distrutti.
Salemi
Nel cuore della Valle del Belice, alle pendici del Monte delle Rose, tra i fiumi Mazzaro e Grande, sorge Salemi, splendida città medievale fondata molto probabilmente sul sito dell'antica cittadella elima di Halicyae. Salemi si sviluppa attorno al Castello fatto erigere da Federico II di Svevia nel XIII secolo, dal cui terrazzo merlato e dalla torre circolare è possibile ammirare un panorama mozzafiato che si apre sulla Sicilia occidentale e sullo splendido mare, poco distante... [Continua a leggere "Salemi, la prima capitale d'Italia"]
Nuova Gibellina
Gibellina è una città giovane, ricostruita nella seconda metà del secolo scorso in seguito al violento terremoto che, nella notte tra il 14 e il 15 Gennaio 1968, colpì la Valle del Belìce seminando distruzione e cancellando le speranze di un'intera popolazione.
Gibellina è una città nuova che ha saputo risorgere dalle macerie grazie all'impegno dell'allora sindaco Ludovico Corrao, intellettuale illuminato e poi Senatore della Repubblica. Mentre lo Stato si mosse con lentezza, Corrao non restò a guardare chiedendo aiuto ai suoi amici pittori, architetti e poeti per ridisegnare la città.
All'appello del sindaco risposero artisti del calibro di Alberto Burri, Mario Schifano, Franco Angeli, Andrea Cascella, Pietro Consagra, Arnaldo Pomodoro, Mimmo Palladino e intellettuali come Leonardo Sciascia e molti altri, italiani e stranieri che spesero le loro energie per la ricostruzione... [Continua a leggere "Gibellina, museo a cielo aperto"]
Santa Ninfa
Fulcro delle origini di Santa Ninfa è il castello di Rampinzeri, alle pendici di una collina in cui sono stati trovati resti di una antica necropoli sicana.
Il paese fu fondato nel 1605 da Luigi Arias Giardina, il quale, con benestare del Re Filippo III, cominciò ad urbanizzare il paese con strade e costruzioni di edifici civili e religiosi.
Il paese fu costruito con assi viari concentrici che convergono nella piazza centrale (Piazza della Libertà). Nel corso degli anni successivi, vennero costruiti edifici quali: il palazzo Baronale, l'Ospedale, la chiesa di Sant'Orsola, la chiesa di Sant'Anna ed il Convento del terz'ordine di San Francesco, la chiesa Madre (la Cattedrale del paese) e le Carceri.
Foto di Clemensfranz - Opera propria, CC BY 2.5
Anche Santa Ninfa conobbe la triste piaga dell'emigrazione, già dai primi del Novecento, in cui moltissimi abitanti del paese partirono per l'estero, negli Stati Uniti d'America, Canada e Venezuela, in cerca di lavoro. Solo negli anni Cinquanta Santa Ninfa ebbe il primo allacciamento all'acquedotto comunale, per l'approvvigionamento idrico. Ed in seguito ebbe il primo allacciamento alla rete elettrica nazionale. Fino a quei tempi l'acqua veniva rifornita dai pozzi e dalle cisterne, e si viveva ancora con i lumi a gas.
Anche il paese di Santa Ninfa fu colpito dal disastroso terremoto della Valle del Belice e quasi completamente distrutto. Con le scosse successive di assestamento crollarono strade, ponti, tralicci della corrente elettrica e linee telefoniche, isolando il paese per diverso tempo.
Poggioreale
Nel territorio di Poggioreale si ritiene essersi svolta nel 339 a.C. la Battaglia del Crimiso, forse proprio in prossimità del luogo dove è stata ricostruita la nuova città, poco distante dal punto di confluenza dei due rami del Belice. Il nome Poggioreale viene dal latino podus regalis (ovvero "Poggio del Re"). Il paese fu fondato come centro agricolo nel 1642 dal marchese di Gibellina, Francesco Morso, che nel 1643 ebbe il titolo di principe di Poggioreale.
Foto di Giuseppe Gucciardi - Opera propria, CC BY-SA 4.0
Colpita dal violento terremoto del 1968, della città restano i ruderi che, ancora oggi, testimoniano la vita prima del 1968. Dopo il terremoto si decise di non restaurare questi ruderi ritenendo il loro ripristino antieconomico e potenzialmente pericoloso. Il paese venne ricostruito alcuni chilometri più a valle, con strutture moderne e avveniristiche (per l'epoca).
"La città Fantasma" di Poggioreale - ph Akio Takemoto - Flickr.com, CC BY-SA 2.0
Nel tempo si è originato un turismo di passaggio, interessato agli splendidi ruderi della vecchia città, denominata da alcuni "La città Fantasma", distrutta dal terremoto del 1968, ma rimasta miracolosamente intatta nel tessuto viario e in alcuni edifici più rappresentativi.
Contessa Entellina
Contessa Entellina (Kundisa in arbëreshë) è un comune della città metropolitana di Palermo. Posta nella Valle del Belice, alle falde settentrionali del monte Genuardo, il comune si adagia sul declivio delle colline Brinjat a 571 m s.l.m.
Considerata oasi etnica, linguistica e religiosa per la peculiare identità culturale dei suoi abitanti, il comune montano fa parte - insieme a Piana degli Albanesi e Santa Cristina Gela - delle comunità albanesi (arbëreshë) di Sicilia, sorte nel XV secolo a causa dell'avanzata turco-musulmana nei Balcani, dove l'antica lingua albanese (gljuha arbëreshe) viene ancora parlata. I suoi abitanti sono arbëreshë, ossia italo-albanesi.
Foto di Davide Mauro - Opera propria, CC BY-SA 4.0
Contessa Entellina costituisce il più antico insediamento albanese in Italia, si trova ad ovest del Belice sinistro (antico Crimiso), dove possiamo trovarne le rovine nel sito della Rocca d'Entella.
La tradizione dichiara che fu fondata da Aceste e dall'eroe siciliano Entello, un abile pugilatore che nell’Eneide sfida e vince il troiano Darete. Entella, con le città di Segesta ed Erice era una delle tre maggiori città elime.
Foto di Entoni2 - Opera propria, CC BY-SA 3.0
Il comune di Contessa Entellina nasce intorno al 1450, quando un gruppo di esuli albanesi costruì l'abitato vicino alle rovine remote di un piccolo casale preesistente, il Casale di Comitissa o Vinea Comitissae, popolato da soldati albanesi provenienti dal Casale di Bisiri (Mazara) dove avevano prestato servizio per il re di Napoli dal 1448. All’inizio del 1500, la nuova comunità stabilitisi nella zona dell'antico casale, trasformarono i feudi di Contessa e Serradamo in vigneti, uliveti e frutteti e li coltivarono a grano.
Gli abitanti di Contessa Entellina venivano scambiati abitualmente per "greci", in quanto si dava maggior rilevanza al carattere religioso (rito greco) piuttosto che all'appantenenza etnica (albanese). Tuttora, talvolta, i paesi limitrofi usano chiamare "greci" gli abitanti.
Foto di Stephen Woolverton - Opera propria, CC BY-SA 3.0
Contessa Entellina è una delle circa 50 località in Italia che conservano ancora la lingua, il rito bizantino, le tradizioni ed i costumi degli antenati albanesi.
La lingua arbëreshe è una lingua antica, tramandata nei secoli dagli avi. Parlata nell'Albania meridionale, è arricchita di termini del greco arcaico e successivamente dal siciliano. In pochi la sanno leggere e scrivere, ma tuttavia viene usata giornalmente come lingua madre.
Campofiorito
Campofiorito è un comune della città metropolitana di Palermo in Sicilia. Le sue origini storiche trovano ampie e significativie dimostrazioni nei numerosi reperti archeologici che sono stati rinvenuti nelle zone di Monte Castellaccio e di Conteranieri. La località di Campofiorito è ricca di attestazioni fisiche e culturali del passaggio di diverse etnie - non ultima quella albanese - che si sono mescolate e sovrapposte tra loro, edificando e modificando costantemente la fisionomia di questa zona e lasciando a noi numerosi reperti e segni di storia.
Ai piedi del Monte Castellaccio, a soli 5 Km. dall'attuale centro, ancor oggi, è possibile ammirare la strada di accesso all'abitato, in parte intagliato nella roccia, e la sua prosecuzione all'interno. L'abitato si compone di due terrazzi artificiali, che oltre a servire per la sistemazione ubica, servivano anche a creare delle cinte murarie ben difese e comuncanti tra loro per mezzo di piccole porte con accessi gradinate, ben difese da piccole torri, sia circolari sia rettangolari, poste sui fianchi.
La prima chiesa costruita nel paese risale al 1246. Poi nel 1760 il principe Stefano Reggio Gravina fece edificare la Chiesa di S. Stefano, protomartire, di cui si può tuttora ammirare la statua. All'interno della Chiesa si possono, anche, notare l'altare dell'Addolorata, dono di Francesco Settineri, e l'altare di San Francesco di Paola, dono dei gessaiuli paesani. La Chiesa di San Giuseppe, invece, venne costruita nel 1804. Nel 1870 venne costruito il campanile e sostituiti i mattoni di terracotta con quelli in marmo, oltre ad essere lastricato il sacrato dinnanzi alla Chiesa.
Lungo la strada statale che porta a Corleone s'incontra una chiesetta, con il prospetto in pietra intagliata, dedicata alla Madonna (Madonnuzza), con all'interno la statua della Pietà. Sulla strada provinciale che porta a Contessa Entellina c'è un'altra piccola Cappella dedicata a San Francesco di Paola. Oltre alle chiese da visitare a Campofiorito c'è l'ex lavatoio pubblico Regina Elena e altre opere sparse per il paese.
Corleone
Corleone - ph Milos Milosevic | Flickr.com, CC BY-SA 2.0 | milosevicmilos.com
Corleone, che si trova a 542 m s.l.m., sorge in una zona interna di montagna, nella conca tra la "rocca ri maschi", il castello Soprano e quello Sottano. L'origine del nome Corleone è incerta, e ha subito diverse modificazioni: da un ipotetico greco-bizantino χώραλέων (chó̱raléo̱n, il "paese di Leone") all'arabo Qurlayun (Kurulliùn قُرَّ العَيْون tradotto dall'arabo significa: "il posto che ci rende estremamente felici solo a guardarlo") durante l'Emirato di Sicilia, dal latino Curilionum al normanno Coraigliòn, dall'aragonese Conillon, fino alle forme italiane ormai desuete Coriglione e Coniglione, dal quale è derivato il siciliano Cunigghiuni.
Foto di Dedda 71 - Opera propria, CC BY 3.0
L'aspetto di Corleone è quello del barocco spagnolo che segnò il culmine del rinnovamento della città e della sua espansione, arrestatasi con l'inizio dell'età contemporanea e poi ripresa verso nord dopo la seconda guerra mondiale. Il vecchio nucleo storico, peraltro ben tenuto e selciato, ha vie strette con isolati da abitazioni con tipico fondaco, ingresso abitativo al piano terra e balconcini con ringhiere panciute in ferro battuto.
Il nucleo antico della città era delimitato da una cinta muraria medioevale che collegava il castello Soprano con il castello Sottano, seguendo a Sud il corso del torrente Corleone e lambendo a Nord il fianco dell'esistente Chiesa Madre.
D'interesse naturalistico sono la sorgente del Drago nei pressi del bosco di Ficuzza e la Cascata delle due rocche.
Lungo la strada che collega Ficuzza con Corleone, seguendo la vecchia linea ferroviaria che collegava Palermo a San Carlo (Chiusa Sclafani), si arriva ad un vecchio ponte attraversato dal torrente Frattina che si butta tra le rocce calcaree quasi ad esserne inghiottito: sono queste le Gole del Drago. Avvicindandosi al letto del torrente si può notare come questo, attraverso l'azione erosiva dell'acqua e del carsismo, ha solcato nel tempo la roccia formando voragini, mulinelli e piccole cascate nei quali l'acqua copiosa, prima scompare e poi riaffiora fra i massi e la lussureggiante vegetazione.
Foto di Vater_fotografo Salvatore Ciambra from Palermo, Italia - _D7C6652_bis_Cascate delle due Rocche, CC BY-SA 2.0
All'interno del territorio di Corleone, a pochi passi dal centro storico della città si trova invece il "Parco naturale della Cascata delle due Rocche". Dopo aver attraversato una serie di viuzze nel quartiere San Giuliano si giunge davanti a una piccola chiesa dedicata per l'appunto alla Madonna delle due rocche. Alla sinistra di questa chiesetta si snoda un sentiero che conduce tra pioppi, salici e olmi alle cascate.
Prizzi
A circa 1.000 metri sul livello del mare, in una splendida posizione panoramica che si apre sulle vallate del fiume Sosio e del fiume Vicaria, sorge Prizzi, lo smeraldo dei Sicani. Il paese, i cui confini sono delimitati dalle vicine Corleone e Palazzo Adriano, è il luogo ideale per trascorrere qualche giorno di vacanza in tutte le stagioni ma soprattutto in inverno quando il panorama si imbianca di neve assumendo tutte le caratteristiche del tipico paesaggio nordico da cartolina con i tetti a spiovente delle case, i vicoli e le stradine uniformemente colorate di bianco... [Continua a leggere "Prizzi, lo smeraldo dei Sicani"]
Hippana
Foto di Mαρκος - Opera propria, CC BY-SA 4.0
Hippana (in greco antico Ἱππάνα o Ἵπανα) fu una antica città di età alto-ellenistica, in Sicilia, la cui ubicazione è ancora oggetto di discussione. La città - esistita tra il VII secolo a.C. e il 258 a.C. e che ebbe stretti rapporti con i greci - è stata identificata, seppur non unanimemente, con le rovine rinvenute sulla montagna dei Cavalli nel territorio di Prizzi.
L'acropoli è costituita da un pianoro elevato e scoperto, posto sulla sommità del monte, per secoli adibito a pascolo e altri lavori agricoli, entrambe condizioni che ne causarono spietramenti e rovina degli antichi edifici.
Monte Carcaci
La Riserva naturale orientata Monte Carcaci è una riserva regionale della Sicilia, istituita nel 1997 e soppressa nel 2012 perché inglobata nel Parco dei Monti Sicani. La riserva comprende un'area di 1.437,87 ettari ricadente nel territorio dei comuni di Castronovo di Sicilia e Prizzi.
È dominata da due rilievi, il Monte Carcaci (1196 m) ed il Pizzo Colobria (1000 m), ed è attraversata da numerosi corsi d'acqua e stagni temporanei, fra i quali il laghetto stagionale di Marcato delle Lavanche.
Il Monte Carcaci è costituito da rocce calcaree formatesi in un lungo periodo dal Triassico al Miocene dell'era Quaternaria: sono specie diverse di calcari e marne, ma anche terreni argillosi depositatisi man mano che andavano avanti le vicende geologiche e climatiche del Mediterraneo. Questa natura fisica ovviamente condiziona e modella il paesaggio vegetale, che si esprime in una serie di ambienti significativi: aree umide, boschi e boscaglie naturali, praterie ed arbusteti e ambienti rupestri. Ci sono poi aree a rimboschimento, ma quello è un discorso a parte e comunque in area di pre-riserva.
Monti Sicani
Il parco dei Monti Sicani è un parco naturale regionale della Sicilia istituito nel dicembre 2014 e comprende 12 comuni delle province di Agrigento e Palermo in Sicilia.
Del parco fa parte il massiccio montuoso dei Monti Sicani, situato nella zona centro-occidentale della Sicilia e raggruppa, nel territorio dei dodicicomuni, quattro riserve naturali preesistenti: la riserva naturale orientata Monti di Palazzo Adriano e Valle del Sosio, la riserva naturale orientata Monte Carcaci, la riserva naturale orientata Monte Genuardo e Santa Maria del Bosco e la riserva naturale orientata Monte Cammarata, che contestualmente all'istituzione del parco, sono state soppresse con decreto. [Leggi: "Trekking sui monti Sicani"]
Castronovo di Sicilia
Le lontane origini di Castronovo di Sicilia trovano conferma nell'esistenza di un insediamento arcaico costituito da abitazioni trogloditiche nella contrada Grotte, sulle sponde del fiume Platani, riconducibili al popolo sicano.
Kars-nubu per gli arabi, cioè "dai bei dintorni, dalle molte entrate e produzioni del suolo, terre a seminativo, poste tra piccoli torrenti", fino a divenire Castrum per i normanni, geologicamente il territorio di Castronovo ricade nell'area dei Monti Sicani, un altopiano strutturale, oltre che morfologico, che separa la grande fossa di Caltanissetta ad Oriente, dal bacino di Salemi ad Occidente.
L'area attrezzata di Santa Caterina, di particolare bellezza naturalistica, è facilmente accessibile dal percorso stradale che congiunge Filaga a Castronovo di Sicilia. L'area è sotto la tutela dell'Ispettorato Dipartimentale delle Foreste di Palermo e conserva anche un insediamento bizantino. La struttura consente di assaporare un'aria salubre ed intensa e facilita la riscoperta dell'antica arte dei nostri antenati grazie alla presenza dei manufatti dell'edilizia rurale (pagliai, marcati ed altri opifici).
Le giogaie montuose che s'innalzano dal fiume Platani fino a lambire il cielo, arrivate fino ai nostri giorni col toponimo di Monti Sicani, custodiscono una delle più belle e caratteristiche perle naturali della regione siciliana: la Riserva di Monte Carcaci. La posizione geografica, il clima mite e la ricchezza d'acqua, favoriscono un'ottima produzione agricola e casearia.
Vallelunga Pratameno
Foto www.ialmo.it
Vallelunga Pratameno è il comune più settentrionale della provincia di Caltanissetta (dista dal capoluogo nisseno 50 km) e sorge in una valle pianeggiante, a est del fiume Platani.
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Si suppone che il territorio di Vallelunga fosse abitato sin dall'Età del Bronzo. L'attuale centro urbano nacque nel 1623, grazie al nobile Pietro Marino, che ottenne la opportuna "licentia populandi". Il paese mantenne solo il nome Vallelunga sino al 1865. In quell'anno fu aggiunto l'appositivo Pratameno in onore del duca di Pratameno fondatore del nuovo borgo. Fu sotto la dinastia dei Notarbartolo che al territorio vennero apportate varie migliorie.
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Tra i luoghi mi massimo interesse della zona citiamo la "Tomba di Vallelunga", una grotta risalente all'età del bronzo, la "pirrera", costone roccioso da cui si ha una bellissima visuale del panorama locale e il "Museo della civiltà contadina" presso l'ex plesso scolastico "Perez", dove scoprire gli antichi mestieri e le vecchie usanze.
Resuttano
Foto di Azotoliquido - Opera propria, CC BY-SA 3.0
Resuttano è un'exclave nissena nella città metropolitana di Palermo, a cui appartiene una sola frazione geografica unita alla provincia di Caltanissetta, Ciolino. Il territorio resuttanese fu interessato da insediamenti arabi, testimoniati dalla presenza di un castello di origini arabe.
Nel XIV secolo appartenne alla famiglia dei Ventimiglia, poi al duca di Campobello, nel 1625 a Giovanbattista Romano Colonna e Ventimiglia, infine a Giuseppe Di Napoli, signore di Alessandria della Rocca che acquistò la baronia di Resuttano. Fu così che, il 7 giugno 1627, nacque l'insediamento resuttanese.
La popolazione, di origine madonita, si insediò inizialmente attorno alla fattoria Di Napoli e nel febbraio 1628, nacque la prima chiesa, benedetta da don Paulo Calabria. Nel 1818 entrò a far parte della provincia di Caltanissetta.
Tra i monumenti d'interesse il Castello arabo di Resuttano e la Chiesa di San Paolo Apostolo, in cui è custodita la statua della Madonna Addolorata, molto venerata dai resuttanesi, la cui festa viene celebrata il 15 settembre.
Villapriolo
Villapriolo è l'unica frazione di Villarosa in provincia di Enna. Il piccolo borgo è stato denominato "Paese Museo", per la presenza di piccoli musei a tema di civiltà contadina e mineraria. Le abitazioni di questo piccolo centro sono state trasformate in vere e proprie Case-Museo, dove si può conoscere ed ammirare le origini e le tradizioni di Sicilia, specchio fedele della storia agricola e mineraria.
Foto www.typicalsicily.it
Villapriolo è crocevia di miti, leggende e tradizioni sacre e profane millenarie dalle radici che affondano nelle tradizioni, nella religione e nelle più profane credenze popolari.
Foto di Azotoliquido - Opera propria, CC BY-SA 3.0
La leggenda del "Cavaliere bianco" - Molta gente del posto, per di più anziani, fecero circolare la voce che di notte vagasse un cavallo con un signore tutto vestito di bianco e se qualcuno avesse avuto il coraggio di toccarlo sarebbe diventato ricco, per incanto il cavallo con il cavaliere si materializzava in denaro.
La leggenda della "Fata della Grotta" - Si narra che la "Fata della grotta" (o "a' Grutta Fata") appariva in sogno e dava delle indicazione precise su dove andare a trovare un piccolo tesoretto nascosto. Si dovevano seguire correttamente le indicazioni, anche portarsi con sé le persone indicate nel sogno. Chi non seguiva correttamente le indicazione, scavando nel posto indicato non trovava altro che pietre.
La grotta, distante pochi km dal paesino, servì agli abitanti del paese per ripararsi dai bombardamenti durante la guerra.
Villarosa
Foto di Azotoliquido - Opera propria, CC BY-SA 3.0
"Dintra 'na conca, sutta 'na muntagna, 'ntra du ciumi, unu amaru e l'autru duci, cc'è un paiseddu cu li strati 'n cruci e tanticchia di virdi a la campagna; 'ntra ripa e ripa la terra siccagna di centu rarità frutti produci, di jornu fumichìa, di notti luci e 'ntra l'interni sò chiangi e si vagna." - Dalla poesia "Bellarosa, terra amurusa" di Vincenzo De Simone poeta siciliano. (1879-1942)
Centro agricolo posto nel cuore della Sicilia centrale, Villarosa è posta su una vera e propria conca ai piedi del monte Giurfo. Il suo territorio è posto tra due fiumi il Salso ed il Morello, rispettivamente d'acqua salata e dolce.
In origine il paese aveva il nome di San Giacomo di Bombinetto. Nel 1761 venne modificato in Villarosa in omaggio alla pittrice Rosa Ciotti, figlia del pittore Francesco Ciotti da Resuttano (i suoi dipinti sono presenti nella chiesa e Monastero di Santa Maria del Popolo e nella chiesa di San Francesco D'Assisi di Enna).
La piazza ottagonale Vittorio Emanuele è ispirata alla piazza Vigliena di Palermo (Quattro Canti). La sua planimetria ottagonale è stata disegnata da Rosa Ciotti, che fu autrice di un singolare piano regolatore (che prevede la dislocazione delle strade in modo perpendicolare) il quale venne favorevolmente accettato dai cittadini.
Il Palazzo Notarianni è situato nella in contrada Maiorana (o contrada "Majurana") di Villarosa, in Sicilia. Il Palazzo è stato costruito dall'ufficiale dell'esercito Notarianni nel '900 a pianta quadrata con torrioni agli angoli, come un piccolo castello.
La Chiesa dell'Immacolata Concezione di Villarosa fu costruita nel 1500 e inizialmente dedicata alla Madonna di Magando. Nel 1700 l'edificio fu dedicato all'Immacolata Concezione. Nel 1932 la chiesa del '500 fu demolita e una nuova chiesa a forma di croce greca è stata costruita nel 1933. Nel 1950 sono state costruite due torri campanarie.
Calascibetta
Foto di Yulka-lucia - Opera propria, CC BY-SA 4.0
Siamo nel cuore della Sicilia, tra i monti Erei... Calascibetta, che si allunga come sospeso su un crinale, ha un'origine antichissima e un nome arabo: deriva infatti da Kalat (castello fortificato dalla natura) e Xibet (la rocca fortificata dalla natura sul quale si erge).
Calascibetta offre una storia unica nel suo genere, diversificata dal proprio ambito territoriale: dalle necropoli preistoriche alla conquista Normanna, senza dimenticare gli arabi, gli ebrei e gli aragonesi... [Continua a leggere "Calascibetta, arroccata sulla cima del monte Xibet"]
Lago di Pergusa
Oltre ad essere il più conosciuto, il lago di Pergusa, è anche l'unico specchio d'acqua naturale del territorio ennese. Posto al centro di una conca, a circa 678 mt sul livello del mare, tra un gruppo di alture appartenenti ai monti Erei, il lago è privo di immissari ed emissari e conserva molte delle caratteristiche paesaggistiche e naturali di un ambiente ricco in biodiversità.
Pergusa infatti, essendo l'unica zona umida in un paesaggio dominato dalla siccità, costituisce un'area di sosta preferenziale nella migrazione di diverse specie di uccelli.
Poco distante, quasi a dominare lo specchio d'acqua, si trova la Selva Pergusina recuperata grazie ad un imponente opera di rimboschimento avvenuta nel 1937. La selva ospita alcune splendide grotte preistoriche alle quali si può accedere per mezzo di una scala naturale.
Il lago di Pergusa fu famoso sin dall'antichità per la localizzazione del mito del ratto di Proserpina, ma anche per la colorazione che periodicamente assume, legata alla presenza di rarissimi microorganismi in grado di generare un fenomeno unico al mondo e cioè di colorare di rosso sangue le sue acque conferendo al paesaggio grande suggestività.
Valguarnera Caropepe
Veduta di Valguarnera da Monte Rossomanno, GFDL
Appare ormai certo che Valguarnera Caropepe (Carrapipi in siciliano), comune della provincia di Enna in Sicilia, fosse già popolata in epoca arcaica, come dimostrano i tanti ritrovamenti archeologici. Tuttavia le prime notizie documentate su Valguarnera Caropepe risalgono al 1246, quando sull'attuale promontorio sorgeva l'allora feudo di Caropipi, di cui era unico feudatario tale Lamberto di Carupipi.
La navata centrale du Cumm'n'tazz, GFDL
Di una Valguarnera mesolitica si ha certezza grazie alla presenza, in Contrada Vitale, di un monolite databile intorno secolo VIII a.C., ritenuto unico nel suo genere in Sicilia.
Alla pari di Enna, anche Valguarnera può vantare un importantissimo culto delle divinità delle sorgenti; così se il capoluogo ha nella leggenda il Ratto di Proserpina, il paese di Caropepe vanta tracce certe del culto di Ade riconducibili ai secoli V e VI a.C., così ancora parzialmente visibile in contrada Sottoconvento, nei pressi dell'attuale cimitero.
Alcune abitazioni arcaiche su Monte Rossomanno, GFDL
Grande rilevanza, come per Valguarnera, ha il sito archeologico presso il Monte Rossomanno, con una vasta necropoli e le fondazioni di un paese greco. Qui giunse lo storico Giacomo Magno che volle invitare gli archeologi impegnati presso gli scavi di Morgantina senza che questi venissero. Così l'opera di tombaroli ha depredato forse uno dei più grandi patrimoni storici del centro Sicilia. L'acropoli di Rossomanno venne individuata dallo storico Cluverio che nel 1629 la citò come l'antica e perduta Magella (Makella), distrutta nel II secolo a.C. insieme a Morgantina.
Nella seconda metà del XIX secolo Valguarnera passò da 5.000 a quasi 15.000 abitanti grazie all'avanzare delle tecnologie di estrazione dello zolfo e alla produzione dei cotti. Valguarnera conobbe una grande crescita demografica, con famiglie che vi si trasferivano di continuo, allettate dalla sempre maggiore richiesta di manodopera nelle vicine miniera di Floristella e di Grottacalda.
Particolare il dialetto parlato a Caropepe, ricco di specificità fonetiche derivanti dalle varie componenti migratorie (e in particolare a quella galloitalica). Questa parlata, così come il nome del paese, percepiti come strani o buffi, hanno alimentato per decenni il folclore isolano. Il dialetto valguarnerese, detto anche carrapipano, è un miscuglio di influenze fonetiche che fonda le proprie radici sul greco antico, il latino, passando per il gallo-italico, lo spagnolo e l'arabo-bizantino.
Morgantina
All'estremo limite orientale dei monti Erei, in posizione strategica sul monte Cittadella (578 m s.l.m.) e in territorio di Aidone (EN), sorge Morgantina, uno dei siti archeologici più ricchi di fascino che la storia della Sicilia greco-romana ricordi. In un ambiente naturale solitario e perfettamente conservato, il sito è pianeggiante e circondato da colline a strapiombo che lo rendono difficilmente espugnabile... [Continua a leggere "Morgantina, piccola Pompei"]
Castello di Serravalle
Il castello di Serravalle - chiamato anche Castelluccio - è una fortezza collocata in montagna, nel comune di Mineo. Nell'edificio, parte del quale è incorporato nella roccia, sono ricomprese la torre, le stalle e una cisterna.
La costruzione del castello risale al '200 e alla struttura originaria nel corso del XIX secolo sono state aggiunte altre opere.
Il castello era posto a guardia della via che da Catania per Palagonia giungeva a Mineo proseguendo quindi verso Caltagirone. L'altura su cui insiste il castello è posta immediatamente sopra la valle dei Margi.
Il complesso architettonico si adatta molto bene alle asperità del luogo ed, almeno esternamente, rappresenta uno dei castelli medievali meglio conservati della Sicilia orientale. La parte più antica del Castelluccio è sicuramente la torre, di cui si ammira l'alta sagoma anche da lontano, e che doveva possedere almeno tre piani. Si osserva infatti una grande apertura sul lato settentrionale, ed altre finestre sul lato orientale e meridionale che fanno pensare all'esistenza di più livelli.
Paliké
Foto di Spitfire 1968 - Opera propria, CC BY-SA 3.0
Paliké (Παλική in greco antico) è un sito archeologico che sorge in località Rocchicella, su un contrafforte basaltico a ridosso della vallata del fiume Margi, nei pressi di Palagonia, da cui dista circa 1 km, sebbene dall'inizio del secolo scorso sia stata annessa al territorio del Comune di Mineo.
Le notizie sull'antica città sono incerte: ne parla Diodoro Siculo affermando che venne rifondata da Ducezio nel 453 a.C. La città di Paliké fu fondata sull'altura che domina la pianura dove si trovava l'antico santuario dei Palici, divinità indigene ben presto inserite nel pantheon greco. Secondo molti storici dall'antica Paliké trae origine l'odierna Palagonia, il cui toponimo significherebbe per l'appunto "Palica Nea" ossia la Nuova Palica.
Mineo
Sulle colline che sovrastano il versante sud della Piana dei Margi, nel Val di Noto, a circa 500 metri sul livello del mare, tra le splendide Caltagirone e Palagonia, sorge Mineo, uno dei comuni più estesi del catanese. Il centro può contare infatti su 24.452 ettari di terreno.
Mineo è una città affascinante sia per il suo glorioso passato, sia per il suo non indifferente patrimonio artistico che spazia dalle chiese ai palazzi per finire alle tante aree archeologiche che la caratterizzano... [Continua a leggere "Mineo, il 'Parnaso' siculo"]
Grammichele
Grammichele è un comune della città metropolitana di Catania. Di pianta esagonale, si trova alle pendici dei monti Iblei e dista 13 km da Caltagirone e 68 da Catania. Dopo soli tre mesi dal terremoto dell'11 gennaio del 1693 che distrusse insieme a molti altri centri della Val di Noto anche Occhiolà (la greca Echetla o Eketla), il principe Carlo Maria Carafa Branciforti fondava su un suo feudo a circa 2 km dalla collinetta di Occhiolà "Grammichele".
Opera dello stesso principe, coadiuvato da frà Michele da Ferla, è la pianta esagonale della nuova città, unico esempio di architettura razionale in Italia insieme alla fortezza di Palmanova. Il perimetro è costituito da un esagono avente al centro una piazza anch'essa esagonale con gli angoli chiusi.
Foto di fabcan - Grammichele, CC BY 2.0
Cinque arterie anulari si snodano attorno alla piazza centrale, sede della Chiesa Madre e del Palazzo Municipale, e da questa si irradiano altre sei arterie perpendicolari alle prime che si immettono in altrettante piazze rettangolari ad angoli chiusi con accesso al centro dei lati. Queste piazze sono a loro volta generatrici di altrettanti quartieri rettangolari periferici a rete viaria ortogonale disposti tutt'intorno alla zona centrale esagonale.
Licodie Eubea
Foto di Davide Mauro - Opera propria, CC BY-SA 4.0
Licodie Eubea, comune in provincia di Catania, sorge nel settore Nord Ovest dei monti Iblei, alla sinistra dell'alta valle del fiume Acate. Nel 1871 il Consiglio Comunale decise di aggiungere il nome di Eubea a quello di Licodia, ritenendo che il luogo sia da identificare con la colonia fondata dai Calcidesi di Lentini nel 650 a. C, secondo la testimonianza tramandata da numerosi storici. Numerosi resti di focolari e di ceramiche della cultura di Serra d'Alto attestano una frequentazione risalente al periodo del neolitico superiore.
Foto di Davide Mauro - Opera propria, CC BY-SA 4.0
Antichissima cittadina sicula subì prima l'influsso della cultura greca, poi di quella romana e, infine, si trasformò in una grossa borgata cristiana. Le necropoli sicule sono concentrate quasi completamente a sud ed a nord dell'odierno abitato, delimitando l'anonimo centro arcaico che coinciderebbe, anche se non del tutto, con la moderna Licodia. A sud si trovano le necropoli di Sarpellizza, Piazzese, Bianchette e Scifazzo, a nord le necropoli del Calvario, di Perriera e di Vigna della Signora.
Nel terribile e devastante terremoto del 1693 che colpì tutto il Val di Noto, Licodia contò molti danni sia materiali che umani, infatti ben 258 persone persero la vita sotto le rovine e moltissimi edifici tra religiosi e civili vennero gravemente danneggiati o rasi al suolo come accadde per il castello medievale Santapau.
Foto di Marcwncs - Opera propria, CC BY-SA 4.0
Tra gli itinerari naturalistici quello che si può intraprendere verso il Lago Dirillo che si trova a m. 450 di altitudine, incuneato tra i monti Iblei. Inserito in un paesaggio di pittoresche alture e dalle rive punteggiate, offre ricovero a diversi uccelli migratori, quali gli Aironi e le anatre,la morfologia del territorio si presta bene anche alle escursioni a piedi,gli ampi spazi incontaminati e selvaggi, sono l'ideale per le escursioni a cavallo.
Vizzini
Foto di trolvag - Vizzini, Catania, Sicily, Italy, CC BY-SA 3.0
Lungo il confine meridionale della provincia di Catania, immersa nel panorama tipico dei monti Iblei e in prossimità delle sorgenti del Fiume Dirillo (o Acate), sorge Vizzini, una delle città più antiche della Sicilia. Qui infatti, la presenza d'insediamenti umani risale a tempi antichissimi come è testimoniato da numerose grotte trogloditiche e da ritrovamenti risalenti alla tarda età del bronzo.
Secondo alcuni storici Vizzini, infatti, sarebbe in realtà l'antica Bidi menzionata da Tucidide, Cicerone e Plinio e sembra che esistesse prima del V secolo a.C. e che avesse raggiunto uno sviluppo tale da suscitare le attenzioni della potenza ateniese. Proprio per le sue origini e per i popoli che qui sono passati il centro conserva i resti di epoche e dominazioni differenti e un patrimonio artistico di tutto rispetto costituito da chiese e palazzi barocchi, abbarbicati lungo le strade ripide che si confondono con le costruzioni rurali del '900.
Foto di Dafniprs - Opera propria, CC BY-SA 4.0
Vizzini inoltre, è la città natale dello scrittore Giovanni Verga (1840 - 1922), padre del "Verismo" e autore di numerosi capolavori come i suoi due romanzi 'I Malavoglia' e 'Mastro Don Gesualdo'. [Leggi anche "Più vero del vero - Parco Letterario Giovanni Verga"]
Pantalica
Foto di Salvo Cannizzaro, CC BY-SA 3.0
A pochi km da Sortino (SR), su uno sperone roccioso che domina la confluenza del fiume Anapo con il suo affluente Calcinara, sorge la Cittadella Sicula di Pantalica, un'area di grande interesse naturalistico, storico e archeologico che l'Unesco ha inserito nella lista dei siti Patrimonio dell'Umanità.
Foto www.naturasicula.it
Pantalica offre al visitatore un magnifico paesaggio, con il corso dell'Anapo che, nel tempo, ha scavato le ripide pareti della cava, i diversi laghetti dalle acque cristalline, alcune grotte di tipo carsico.
Foto di Pietro Columba - fonte, CC BY-SA 2.0
Tutta la roccia della zona appare traforata da centinaia di aperture, tanto da farla sembrare un enorme alveare e, per una strana coincidenza, i Siculi, abitatori di Pantalica, furono chiamati il "Popolo delle api". La cittadella, che è la più grande d'Europa e riveste un ruolo molto importante per lo studio dell'età del bronzo e del ferro.
Buccheri
Foto di Azotoliquido - Opera propria, CC BY-SA 3.0
Incerte sono le origini di Buccheri così come il suo nome: alcuni lo fanno derivare dal "Buker", nome di un comandante saraceno, altri dalla combinazione di "Bous" e di "Hera", a ricordare che qui vi pascolavano le sacre vacche di Hera. Il territorio intorno è ricco di testimonianze archeologiche che testimoniano la presenza dell'uomo in antichissima data e iI Mito ricorda poi che in queste contrade il pastore Dafni pascolava i suoi armenti e quelli degli dei, al suono del flauto.
Foto di Azotoliquido - Opera propria, CC BY-SA 3.0
Collocata lungo le pendici del monte Lauro (986 m) vide insediarsi sul suo territorio Siculi, Romani, Bizantini e Arabi. Furono proprio questi ultimi a colonizzare il territorio e, con ogni probabilità, a difesa dei territori colonizzati fortificarono il colle Tereo, cingendolo di una muraglia e insediandosi attorno ad esso. L'edificazione del castello, sullo stesso colle, si deve però ai Normanni, i quali, cacciati gli Arabi, trasformarono il fortilizio in un ben munito castello. Di questo castello restano oggi alcuni importanti resti.
Nel corso del XVI e XVII secolo il paese crebbe lungo il pendio sud del castello. Tale tendenza fu accentuata dopo il terremoto del 1693, che distrusse il paese quasi totalmente. Il centro fu ricostruito sullo stesso sito, ma verso la sottostante valletta, allora attraversata da un canale d'acque, che fu ricoperto verso il 1770. Dopo il terremoto la Chiesa di Sant'Antonio (costruita la prima volta nel 1212 lungo il crinale del colle verso est) fu direzionata verso sud. La chiesa domina il paese dall'alto di una scenografica scalinata (costruita nel 1911).
Foto di Davide Mauro - Opera propria, CC BY-SA 4.0
A otto km da Buccheri, in direzione di Lentini, si incontra la Chiesa di Sant'Andrea, edificata verso il 1225 per iniziativa di Federico II. In stile gotico, ad una navata, la chiesa ha un ingresso originario ad ovest, per i monaci del convento annesso, e a nord per i fedeli. E' uno degli esempi migliori di architettura religiosa del periodo svevo.
Sull'altipiano del monte Lauro, che sovrasta il paese, sono ancora visibili le numerose neviere, attive fino ai primi decenni di questo secolo. Numerosi rifugi di pastori a pianta circolare e costruiti con blocchi squadrati di pietra nera sono le tracce più appariscenti dell'antica civiltà agropastorale iblea.
Ferla
Foto di Azotoliquido - Opera propria, CC BY-SA 3.0
Tra i Borghi più belli d’Italia, Ferla si trova nella parte ovest della provincia di Siracusa, sui Monti Iblei, all'interno della Valle dell'Anapo. In questo piccolo centro della Val di Noto, ricostruito dopo il grande terremoto del 1693, batte il cuore pulsante della storia.
Foto di Salvo Cannizzaro, CC BY-SA 3.0
Ricostruita nelle esuberanti forme del barocco, insieme alle altre città Patrimonio dell'Umanità, Ferla ha in più, nel sottosuolo e nelle grotte, tutto un rigoglio di preesistenze arcaiche e complessi rupestri che vanno dai greci alle prime comunità cristiane, dai bizantini ai longobardi e ai normanni passando forse per gli arabi. Da tale aggrovigliato sistema di abitazioni-grotta, vicoli e stradine, è nato il borgo normanno poi distrutto dal sisma... [Continua a leggere "Ferla, il borgo della 'via sacra'"]
Sortino
Foto di Pietro Columba - fonte, CC BY-SA 2.0
Sortino è una pregevole cittadina barocca, in provincia di Siracusa, conosciuta per la produzione di miele. È situata nei Monti Iblei in prossimità della Necropoli Rupestre di Pantalica e del fiume Anapo.
Le vicende che hanno accompagnato il comune di Sortino in Età medioevale sono legate alla famiglia nobile dei Moncada e successivamente agli eredi di Modica (1477).
Foto di Davide Mauro - Opera propria, CC BY-SA 4.0
Il feudo di Sortino fu concesso dalla imperatrice Costanza ad Arnaldo Conte di Modica ai cui successori sostanzialmente rimase fino al 1477, anno in cui fu acquistato dalla famiglia Gaetani Baroni, originari della Toscana, il cui capostipite, Guidone Gaetani, si era trasferito a Palermo in cerca di gloria e fortuna.
Foto di dom fellowes from UK - A Welcome Sight, CC BY 2.0
I Gaetani saranno, per più di tre secoli, i protagonisti della storia, non solo di Sortino ma della intera provincia di Siracusa. Emblematico è stato l'aiuto che Pietro Gaetani diede alla ricostruzione del paese nella collina Aita, dove tuttora si trova, dopo il devastante terremoto del 1693 che colpì l'intera costa orientale sicula.
Cassaro
Foto di Fabiolanteri - Opera propria, CC BY-SA 4.0
Cassaro è un piccolissimo comune in provincia di Siracusa. Il suo nome deriva dalla parola araba qaṣr (قَصْر), che a sua volta deriva dal latino castrum, cioè "castello, forte o accampamento militare". Del castello, oggi, sono ancora visibili le rovine e le opere sopravvissute ai due terremoti del 1542 e del 1693. Proprio a causa di quest'ultima scossa di terremoto, il castello e le abitazioni presenti andarono in rovina e cosi, con le stesse pietre, i superstiti costruirono delle nuove abitazioni nel sito dove sorge l'odierno centro abitato di Cassaro.
La cittadina di Cassaro presenta un notevole patrimonio architettonico grazie al suo Centro Storico che conserva chiese e palazzi espressione di arte barocca locale tra cui si ricordano: la Chiesa di San Sebastiano, la Chiesa di Sant’Antonio, Palazzo Carfì e Palazzo Micieli.
Palazzolo Acreide
Foto di Davide Mauro - Opera propria, CC BY-SA 4.0
Nel cuore dei monti Iblei la cittadina di Palazzolo Acreide si apre al viaggiatore attento e curioso come uno scrigno di tesori, crocevia di civiltà e crogiuolo di pietre millenarie, di raffinate e svettanti architetture barocche, di fulminanti paesaggi, di suoni e profumi antichi e si caratterizza per la singolarità della sua struttura urbana, ricca di testimonianze di epoche diverse.
Nel 2002 è stata insignita del titolo di Patrimonio dell'Umanità da parte dell'UNESCO, insieme alle Città barocche del Val di Noto... [Continua a leggere "Palazzolo Acreide, patrimonio di tutta l'Umanità"]
Akrai
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Nei pressi di Palazzolo Acreide, sul colle Acremonte, dalle pareti ripide e rocciose, sorge l'inespugnabile cittadella di Akrai, edificata intorno al 664-663 a.C. dai corinzi siracusani, 70 anni dopo la fondazione della città di Siracusa. Per la sua particolare posizione strategica, la cittadella, per lungo tempo, fu considerata la sentinella dei confini meridionali del territorio siracusano ed ebbe un notevole sviluppo e floridità economica. Akrai raggiunse il suo massimo splendore sotto il regno di Gerone II (275 a.C.-215 a.C.)... [Continua a leggere "Akrai, la sentinella di Siracusa"]
Casmene
Foto www.terraiblea.it
Casmene (o Kasmene) fu una colonia greca, più precisamente siracusana fondata nel 644 a.C. circa nell'immediato entroterra, in una posizione strategica per il controllo della Sicilia centrale, e utilizzata come avamposto militare sulla via interna chiamata "Selinuntina", che da Siracusa portava a Selinunte.
Foto di Davide Mauro - Opera propria, CC BY-SA 4.0
È stata riportata alla luce agli inizi del XX secolo da Paolo Orsi, essendo stato il sito con ogni probabilità identificato in corrispondenza del Monte Casale (820 m s.l.m.), sul territorio dei comuni di Buscemi e Giarratana, antico apparato vulcanico spento da millenni nei pressi di Monte Lauro.
Foto di Davide Mauro - Opera propria, CC BY-SA 4.0
Secondo quanto riportato da Tucidide, nel 553 a.C. Casmene combatté insieme a Siracusa contro Kamarina ed i Siculi; inoltre vi furono esiliati alcuni siracusani, poi ricondotti da Gelone nel 485 a.C. a Siracusa; Dione, sbarcato a Eraclea Minoa, vi raccolse truppe contro Siracusa.
La città venne abbandonata verso la fine del IV secolo a.C., con la graduale decadenza siracusana, e quindi la relativa mancanza di frequentazione del sito.
Giarratana
Foto Ufficio Turismo Giarratana
Vero e proprio museo a cielo aperto, Giarratana è piccolo centro montano della provincia di Ragusa che sorge su una collina dei monti Iblei (584 metri sul livello del mare) e attraversato da diversi corsi d'acqua tutti confluenti nel fiume Irminio. La città ha origini molto antiche, sembra infatti, sia stata fondata nel 644 a.C. sul monte Casale come avamposto militare di Siracusa.
Foto Ufficio Turismo Giarratana
Qui, passeggiando tranquillamente per le antiche viuzze del paese, si possono aspirare gli aromi e l'aria pura, godendo della vista di colline verdeggianti... [Continua a leggere "Giarratana, un vero museo a cielo aperto"]
Chiaramonte Gulfi
A circa 21 Km da Ragusa, in una zona collinare, a 665 metri sopra il livello del mare, sorge Chiaramonte Gulfi, autentico scrigno ricco di mille tesori, immerso nel verde.
Si tratta di un piccolo centro agricolo e artigianale nel quale è possibile rilassarsi per qualche giorno, lontani dai ritmi frenetici della città, e gustare gli ottimi prodotti tipici locali, come i vini di altissimo pregio, l'olio extravergine d'oliva dop 'Monti Iblei' o la cucina a base di carne di maiale con la quale si confeziona la rinomata salsiccia.
Foto di Davide Mauro - Opera propria, CC BY-SA 4.0
Questo meraviglioso paesino ibleo, definito "Il balcone di Sicilia" per via del suo invidiabile panorama - che spazia da Gela all'Etna -, custodisce ben otto musei per questo motivo si è guadagnata l'appellativo di "Città dei Musei". [Continua a leggere "Città dell'Olio e dei Musei"]
Comiso
Foto di Palickap - Opera propria, CC BY-SA 4.0
Le prime tracce di insediamenti umani nel territorio di Comiso appaiono nel periodo eneolitico, lungo l'arco collinare ibleo, dove si svilupparono i primi villaggi di popolazioni italo-sicule. La presenza della terma vicino alla fonte Diana risalente al II secolo testimonia la presenza di un nucleo abitativo attorno alla fonte fin dall'epoca romana. Con l'arrivo dei bizantini e l'insediamento del potere religioso dell'impero d'oriente a Siracusa (330 d.C.), cominciarono ad essere edificate numerose chiese.
La Comiso medievale si arricchisce di nuove vie urbane e di chiese, tra cui la chiesa della Misericordia, tuttora conservata. Nel 1393 Comiso viene a fare parte della Contea di Modica, assegnata ai Cabrera, fino al 1453, anno in cui a causa di una crisi economica questi ultimi la vendono a Periconio II Naselli. Sotto i principi Naselli Comiso visse un periodo di rinascenza e splendore, culminato nel 1571, quando Gaspare II, elevò il "Baronato" di Comiso in "Contea". Durante il Rinascimento la città si arricchì delle chiese maggiori, di numerosi conventi e monasteri, di una Sede giuratoria, che ebbe sede presso il Castello dei Naselli, e di un pubblico Ospedale, detto Monte di Pietà, accanto alla chiesetta della Misericordia.
Foto di Blisset, CC BY-SA 3.0
Uno dei luoghi più interessanti di Comiso e la Pagoda della Pace, una delle pochissime pagode realizzate in Europa. Essa è stata fortemente voluta dal monaco reveverendo Gyosho Morishita, venuto a Comiso negli anni Ottanta, ed è stata inaugurata il 24 maggio 1998. È alta 16 metri con un diametro di 15 e ha l'aspetto classico dello stupa indiano con la sua forma a cupola rotonda sormontata da un pinnacolo. Interamente rivestita di pietra locale, di colore bianco, che le conferisce visibilità a chi dalla città volge lo sguardo verso la collina di Canicarao.
Castello di Donnafugata
A circa 20 km dalla città di Ragusa sorge il Castello di Donnafugata. Fu fatto edificare sulla vecchia struttura di una torre duecentesca dal Senatore del Regno e Barone Corrado Arezzo nell'800. Il barone ne fece ingrandire la struttura iniziale che divenne una vera e propria dimora gentilizia. Inoltre l'affascinante barone che trasformò il Castello in uno dei centri più importnti della zona di vita mondana dell'età umbertina... [Continua a leggere "La leggenda del Castello di Donnafugata"]
Camarina
Camarina (o Kamarina, in greco Καμαρίνα), il cui nome secondo Strabone significa "abitata dopo molta fatica", fu un'importante colonia di Siracusa, fondata e costruita dai siracusani alla foce del fiume Ippari, nel sud della Sicilia. Di essa oggi non rimangono che rovine e importanti reperti archeologici, principalmente sul colle Cammarana nel territorio del comune di Ragusa.
Kamarina venne fondata agli inizi del VI secolo a.C. (598 a.C. - 597 a.C.) dagli antichi greci dorici siracusani, sul fertile promontorio delimitato dai fiumi Ippari a nord e Oanis a sud. Scopo del nuovo insediamento fu quello di creare un presidio lungo la rotta africana e frenare l'espansione verso sud di Gela, che appena diciotto anni dopo fonderà più a nord-ovest Akragas (580 a.C.). Divenuta rapidamente un importante centro agricolo e di riferimento per i fiorenti traffici commerciali dell'entroterra ibleo anche dei Siculi, la colonia entrò presto in conflitto con la città-madre. Kamarina venne in seguito sconfitta dai siracusani e i loro alleati nel 552 a.C.. Le fonti dicono che la popolazione camarinense venne esiliata.
Foto di LeZibou, CC BY-SA 3.0
All’inizio del V sec. a.C. i siracusani cedettero Kamarina al tiranno Ippocrate di Gela, poiché questi aveva sconfitto gli aretusei presso il territorio ibleo, facendo molti prigionieri e minacciando di marciare contro Siracusa per conquistarla. Nelle mani di Ippocrate Kamarina riacquisì la sua importanza e in seguito all'alleanza stretta con Atene in funzione antisiracusana.
Foto di LeZibou, CC BY-SA 3.0
A partire del III secolo a.C. fu presa dai Mamertini nel 275 a.C. poi dai Romani nel 258 a.C. Al tempo della Repubblica romana il suo capiente porto accolse navi da guerra e i commerci con l'Africa e l'Egitto. Ma nel periodo imperiale i romani realizzarono un nuovo porto nella vicina Kaucana e quindi la città si spopolò progressivamente dei suoi abitanti.
Kamarina venne definitivamente distrutta nell'827 dall'esercito guidato da Asad ibn al-Furat nel corso della conquista arabo-berbera della Sicilia.
I resti attuali sono di grande interesse archeologico, e testimoniano la vastità dell'antico sito. Rimangono tombe arcaiche (VII secolo a.C.) e ruderi poco significativi di un tempio dedicato a Minerva. Lungo l'Ippari si può riconoscere il tracciato dell'antico porto canale. La città è ancora riconoscibile nella sua area originaria dai resti di case e di pavimentazioni.