Tremate, tremate, le streghe son tornate
Caccia alle streghe palermitane, al tempo del temuto Tribunale dell'Inquisizione
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Senza annoiarvi con la retorica sull'estraneità di Halloween per la nostra cultura (ovviamente quella più antica), vi proponiamo un itinerario sulle orme delle streghe e dei maghi palermitani, un viaggio alla scoperta dei luoghi in cui questi sfortunati individui sono vissuti e sono stati mandati a morte, nel periodo in cui in Europa e anche qui in Sicilia imperversava il temutissimo Tribunale dell'Inquisizione.
Palermo difatti, è una città affascinante ricca di arte e mistero, una città che ha dato i natali a grandi uomini di cultura, artisti ma anche a millantatori, studiosi di esoterismo, avvelenatrici, maghi e persino temutissime streghe. Non aspettatevi però, di sentire storie di filtri magici e scope volanti alla Harry Potter o di peccaminosi sabba, perché le streghe di casa nostra erano in buona parte povere donne malate di mente, eretiche o pericolose assassine e le scope le utilizzavano al massimo per spazzare la loro casa.
Le tappe del nostro itinerario
Piazza Bellini
Il nostro percorso inizia da Piazza Bellini, dominata dal pittoresco insieme delle due chiese della Martorana (S. Maria dell’Ammiraglio, gioiello normanno, fatto erigere nel 1143 dall’ammiraglio Giorgio di Antiochia) e di San Cataldo (edificata nel 1160 anch'essa normanna, con le sue finestre ogivali, le cornici merlate, le tre cupolette rosse). Di fronte a queste due basiliche si distingue la Chiesa di Santa Caterina, del tardo 500, il cui interno, tutto rivestito di marmi lavorati a rilievo e intarsio di affreschi, è un tipico esempio di barocco siciliano settecentesco.
Piazza Casa Professa
Continuando a percorrere Via Maqueda, sulla destra imbocchiamo la caratteristica Via del Ponticello che ci conduce dritti a Piazza Casa Professa, sulla quale campeggia la Chiesa del Gesù, magnifica espressione del barocco palermitano. La semplicità della facciata contrasta con le ricchissime decorazioni dell'interno, dove ogni centimetro è completamente ricamato da finissime decorazioni a 'marmi mischi'.
Piazza SS. Quaranta Martiri
Alle spalle si trova Palazzo Marchesi, sito in piazza SS. Quaranta Martiri, notevole esempio di architettura gotico-catalana in Sicilia. Costruito dalla famiglia Marchesi nel XV secolo o ai primi del successivo, fu sede del Tribunale dell'inquisizione dal 1550 al 1568, anno in cui fu affidato ai Gesuiti. In questo palazzo sembra sia stato rinchiuso per un breve periodo anche Giuseppe Balsamo, il famigerato conte di Cagliostro, che ebbe i natali proprio all'interno del mercato di Ballarò, poco distante.
Si tratta di una personalità complessa, irriverente e spregiudicata che l'avventuriero veneziano Giacomo Casanova definì "un genio fannullone che preferisce una vita di vagabondo a un'esistenza laboriosa". Gli anni della sua gioventù a Palermo infatti, furono una sfilza infinita di piccole truffe, risse, fughe e punizioni corporali. Fuggito dal capoluogo siciliano, condusse una vita errabonda tra imbrogli e seppe sfruttare le poche conoscenze esoteriche e di medicina che possedeva per accattivarsi l'amicizia di molti potenti in diverse corti europee, dove fu allo stesso tempo benvoluto e malvisto. Fu coinvolto addirittura, insieme alla regina Maria Antonietta e altri nobili, nel famoso scandalo della collana, nei mesi che precedettero la rivoluzione francese e per questo rischiò la testa. Infine, denunciato dalla stessa moglie, fu condannato dalla Chiesa cattolica al carcere a vita per eresia e rinchiuso nella fortezza di San Leo (in provincia di Rimini), dove morì il 23 agosto 1795.
Per vedere la casa natale di Cagliostro raggiungiamo il vicoletto omonimo e da qui, attraverso Via Rua Formaggi e Via Università, torniamo in Via Maqueda.
Piazza Pretoria
Passeggiando lungo la strada storica di Palermo ammiriamo sulla destra, la spettacolare Piazza Pretoria, detta anche piazza della Vergogna, che ospita la magnifica fontana, omonima realizzata nel 1554 da Francesco Camilliani. La piazza si trova sul limite del quartiere della Kalsa a pochi metri dai Quattro Canti, all'incrocio dei due principali assi viari di Palermo: la via Maqueda e il Cassaro, oggi Corso Vittorio Emanuele, a metà circa della loro lunghezza. Piazza Vigliena, come viene chiamata, è una piazza ottagonale che ospita quattro prospetti architettonici, realizzati tra il 1609 e il 1620, ed un tempo era utilizzata per le esecuzioni capitali.
Citiamo solo una delle più famose, quella di Giovanna Bonanno, conosciuta come la 'Vecchia dell'aceto', che Il 30 luglio del 1789 fu impiccata alle forche più alte della piazza, in modo tale da consentire la visione a tutti. La donna era una pericolosa avvelenatrice (oggi la si chiamerebbe serial killer), responsabile di centinaia di delitti, accusata di stregoneria per aver venduto ad alcune mogli insoddisfatte il cosiddetto 'liquore d'aceto', un miscuglio d'acqua, vino bianco e arsenico che doveva servire a far fuori i rispettivi mariti senza lasciare tracce compromettenti. A distanza di tre secoli sembra che il fantasma della vecchia megera vagabondi ancora, di notte, per i vicoli dell’Albergheria, dove esiste anche un cortile che porta il suo nome.
Palermo diede i natali anche, ad un altra pericolosa avvelenatrice, Giulia Tofana, probabilmente figlia di Thofania d'Adamo, giustiziata sempre a Palermo il 12 luglio 1633 con l'accusa di aver avvelenato il marito Francesco e altre persone. Giulia Tofana era una cortigiana famosa per la sua bellezza, molto intelligente e intraprendente. La donna aveva scoperto che facendo bollire in acqua, una miscela di arsenico, piombo e antimonio si otteneva un liquido velenoso inodore e insapore che poteva essere facilmente aggiunto a bevande e cibi senza che nessuno ne potesse scoprire la presenza. In pochi anni sembra che siano state 600 le vittime della cosiddetta 'acqua Tofana', solo ed esclusivamente uomini. La Tofana, visto il successo, iniziò a questa 'arte' anche la figlia Giroloma Spera, ma entrambe furono scoperte e impiccate nel 1659.
Piazza Marina
Continuiamo il nostro cammino imboccando Corso Vittorio Emanuele. Procediamo sino a Piazza Marina, un tempo luogo di feste ed esecuzioni capitali, nonché sede del Palazzo Steri, che oggi ospita il Rettorato universitario e nel 600 il terribile Tribunale dell'Inquisizione e le relative carceri. Qui per quasi due secoli, dal 1601 al 1782, gli inquisitori interrogarono e torturarono centinaia di uomini tra frati, suore, innovatori, libertari, nemici dell'ortodossia politica e semplici poveracci. I prigionieri venivano fatti confessare, mediante disumane torture, di essere eretici, bestemmiatori, di praticare stregoneria e amicizia con il demonio.
"Sento freddo e caldo, mi ha preso la febbre terzana, mi tremano le budella, il cuore e l'anima mi diventano piccoli piccoli...", è il grido di dolore di una delle 'streghe' condannate al rogo dall'Inquisizione, affidato a una scritta in dialetto incisa con un punteruolo sulla parete di una cella dello Steri.
Nel sottosuolo delle carceri infatti, sono stati portati alla luce diversi dipinti e graffiti tracciati con il carboncino o con la polvere, ottenuta graffiando il cotto del pavimento.
Vicolo Palagonia allAlloro
ph. tratta da palermo.mobilita.org
Usciamo da Palazzo Steri e attraversiamo Villa Garibaldi, con i suoi magnifici ficus dalle spettacolari radici aeree, per recarci al vicolo Palagonia all'Alloro, dove, il 16 Febbraio del 1633, fu eseguita un'altra famosa condanna, quella dell'avvelenatrice Francesca La Sarda, che fu decapitata con la mannaia. La sua esecuzione attirò un tale numero di persone che le autorità cittadine fecero costruire dei palchi in legno. Sembra però che ad un certo punto la folla abbia cominciato a schernire la malcapitata che esasperata avrebbe esclamato "Ridete pure... tanto molti di voi stanno per venire con me!" Un attimo dopo che la sentenza fu eseguita, parte dei palchi, per il troppo peso delle persone presenti, crollò e morirono ben 10 persone. La maledizione della strega si era avverata.
Piazzetta dei Bianchi
Percorrendo Via Alloro, deviando su vicolo della Salvezza, ci si ritrova in Piazzetta dei Bianchi racchiusa fra antiche mura fra cui risplende un bel prospetto bianco tirato a lucido, un edificio austero con interni meravigliosi, vecchia sede di una "Compagnia del buon morire", che aveva il compito di consolare il condannato a morte per ben tre giorni prima dell'esecuzione. La Compagnia dei Bianchi poteva anche chiedere la grazia per il condannato ma il suo compito fondamentale era quello di farlo confessare e ravvedere. Se poi ciò che veniva detto in confessione dal condannato era riferito ai giudici inquisitori non è dato sapere, ma sospettiamo che sia molto probabile.
Foro Italico
Spostiamoci infine al Foro Italico, dove il 4 Aprile 1724 avvenne la macabra e infame cerimonia dell'autodafè (atto di fede - cerimonia in cui si eseguiva la condanna o penitenza dell'Inquisizione) di frà Romualdo di Sant'Agostino e suor Gertrude. Dopo 25 anni di carcere e torture con l'accusa di Quietismo (movimento mistico religioso, condannato dalla chiesa nel XVII° secolo), i due entrambi 57enni, furono portati in processione dal piano della Cattedrale a quello di Sant'Erasmo. La processione delle varie maestranze religiose e laiche, e anche dei due malcapitati, si concluse verso mezzanotte al luogo del supplizio.
A salire per prima al rogo fu suor Gertrude, alla quale fu chiesto di abiurare per ottenere una morte più umana, ma la sfortunata perseverò nell'eresia. Toccò poi a frate Romualdo, che non rinnegò le sue idee e per questo fu bruciato vivo. Intanto nel piano della Cattedrale per altri condannati, riconciliati e penitenti, che avevano abiurato, c'era l'assoluzione e il rito della frusta su vili cavalcature e la mitra in testa! Questa è sicuramente una delle pagine più tristi della storia della città di Palermo che per fortuna fu anche uno degli ultimi 'atti di fede' della Santa Inquisizione, infatti pochi anni dopo il viceré Caracciolo abolì la terribile istituzione.
Via Serradifalco
Il nostro itinerario a caccia delle streghe del capoluogo finisce qui. Prima di lasciarvi però, vogliamo parlarvi di un altro mago palermitano che, per sua fortuna, visse in un periodo in cui il tribunale dell'Inquisizione non esisteva più già da un pezzo. Si tratta del principe Raniero Alliata di Pietratagliata (Palermo, 1886-1979) un personaggio unico, stravagante, pieno di eccentricità e abitudini originali.
Fu un entomologo, intellettuale e divulgatore della teosofia in Sicilia agli inizi del XX secolo e figura di riferimento per almeno due generazioni di intellettuali siciliani, fra cui Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Lucio Piccolo, Gioacchino Lanza Tomasi e Bent Parodi. Ma soprattutto Alliata è stato un "mago nero", evocatore di trapassati inquietanti e di potenze delle tenebre con grandi interesse per l'occultismo, la teosofia, lo spiritismo e i fenomeni paranormali che lo accompagneranno fino alla morte. Il principe viveva nella sua villa in Via Serradifalco, Villa Alliata di Pietratagliata, una delle opere di maggior pregio del patrimonio storico-artistico siciliano del XIX secolo, in stile neogotico.